Vedere Rafael Nadal sollevare al cielo la Coppa dei Moschettieri non è affatto una sorpresa. Persino trattandosi del suo undicesimo titolo, persino guardando quella carta d’identità che ogni anno durante il Roland Garros aggiunge un numero in più alla sua età, quasi di pari passo con il palmarès del secondo Slam dell’anno. Quella con Dominic Thiem, francamente, era sulla carta la miglior finale possibile per Parigi: il cannibale del rosso contro l’unico capace di batterlo nelle ultime due stagioni su questa superficie. E lo sarebbe anche stato, almeno in termine di game vinti dall’austriaco, se dall’altro lato della rete ci fosse stato un Nadal quantomeno più umano: niente da fare, “un uomo in missione”, con tutti i favori del pronostico sulle spalle e non sentirli minimamente.
Archiviati i piccolissimi dubbi con Marterer, la paura con Bolelli e Schwartzman in cui più volte è stato messo alle corde, tra semifinale e finale Rafa ha cambiato marcia e si è rivelato praticamente ingiocabile per chiunque. Il maiorchino è partito fortissimo sin da subito e dal 4-4 del primo set ha fatto valere la sua maggior abitudine a questi palcoscenici e soprattutto al Chatrier, ormai la sua seconda casa. Nadal ha schivato la pioggia, pronosticata nel bel mezzo della finale, e addirittura un crampo al dito medio della mano sinistra: guardando la partita solamente un episodio del genere avrebbe potuto mescolare le carte in tavola. Un diavolo, perfetto tatticamente e tecnicamente su ogni colpo. Lo sguardo di Thiem a braccia larghe rivolto verso il box è quello di ogni avversario che è chiamato a scalare quel muro di gomma che rispedisce qualsiasi palla nel proprio campo. Restano solamente due, quindi, le sconfitte ‘sul campo’ per Nadal al Roland Garros: la prima e storica contro Soderling nel 2009, poi quella più scontata contro Djokovic nel 2015 in un periodo poco felice per Rafa e di massimo splendore per il serbo, oltre al doloroso forfait nel 2016 prima di scendere in campo con Granollers per un infortunio al polso. E per il momento il suo regno su terra battuta sembra ben lungi dall’essere terminato.