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Esistono talenti puri naturali che, sin da bambini, impressionano per tocco di palla e sensibilità a suon di smorzate, volée stoppate e accelerazioni a tutto braccio. Esistono poi i talenti “mentali”, che sanno vivere la partita nel migliore dei modi, giocano al meglio i punti importanti e lavorano fisicamente e tennisticamente senza sosta alcuna. E poi arriva Matteo Berrettini, il cui talento è forse il più raro di tutti: la capacità di imparare. Migliorare, esponenzialmente, uno o più colpi, è difficile, per alcuni quasi impossibile. La capacità di imparare sfruttando gli infortuni (il problema al polso sinistro lo spinse a migliorare lo slice di rovescio staccando la mano, così come l’infortunio al ginocchio lo vide migliorare fisicamente e al servizio) è il segreto di pulcinella del tennis professionistico. Ogni colpo di Berrettini migliora anno dopo anno.
Potremmo dire mese dopo mese se non settimana dopo settimana. Un talento aiutato e sostenuto dalla lungimiranza di un grande coach come Vincenzo Santopadre, che ha saputo sempre toccare i tasti giusti per convincere Matteo a un nuovo lavoro, a una diversa variazione e a migliorare di conseguenza come tennista e soprattutto come uomo. Perché chi ha il particolare talento di Matteo Berrettini, cresce prima come persona e poi come atleta.
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