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Marius Copil, ex numero 56 del mondo, si è concesso in una lunga intervista ai microfoni di Sportface. Nato ad Arad nel 1990 – segni particolari ‘rovescio afrodisiaco’ – oltre a spunti interessanti sul tennis di oggi, il tennista rumeno ha divagato sulla sua vita personale fornendo aneddoti particolari e visioni mature sul resto del suo percorso tennistico ed extra-tennistico: dal rapporto che lo lega saldamente all’Italia fino alla nuova vita di papà e ‘gamer’, passando per i rimpianti delle due finali Atp disputate.
Sappiamo che vivi a Bucarest, com’è la situazione Coronavirus nel tuo paese?
Abbiamo circa 300 casi al giorno, quindi siamo tutti a casa. Per uscire occorre compilare il modulo per certificare dove stai andando, se al supermercato o a fare alcune altre cose. Si può correre fuori casa ma bisogna essere da soli, la gente qui è abbastanza impaurita. Spero che le cose cambino nel giro di alcune settimane per tornare a vivere normalmente.
Circa due mesi fa sei diventato papà . Come si chiama il bimbo e quanto è cambiata la tua vita da quel momento?
Si chiama Arthur, Arturo in italiano (ride, ndr). È grandioso essere padre, ho appena finito di cambiargli il pannolino e sono arrivato per l’intervista. Ho preso parte alla nascita, ero dentro la stanza del parto con la mia ragazza: sono stato fortunato ad avere la possibilità di essere lì e vedere tutto dal vivo. È una cosa che può capitarti una, due, massimo tre volte nella vita.
È un momento difficile anche per quanto concerne il tennis. Com’è la situazione nel tour?
Penso che per me tutto questo sia arrivato in un momento perfetto, in quanto mi consente di passare del tempo con mio figlio. Posso vederlo crescere un po’, cosa che andando ai torneo o agli allenamenti per 6-7 ore non avrei potuto fare. Comunque sia non stavo giocando bene nell’ultima fase della passata stagione, e all’inizio della nuova non ero troppo in fiducia. Tutto sommato questo stop è giunto nel momento perfetto per me. Non posso di certo lamentarmi, anche se capisco non sia un bel momento per i fan o per tutti coloro che sono coinvolti nel tennis, come gli sponsor e così via. Questa situazione riguarda tutto il mondo, quindi speriamo che questo virus possa arrestarsi presto per goderci di nuovo la nostra vita. Magari per poter venire in Italia, sono innamorato del vostro paese.
In carriera hai vinto tre titoli a livello Challenger. Quali di questi ti suscita il ricordo più bello?
È una bella domanda. Penso quello in Russia, a Kazan. Sono andato lì con il mio preparatore atletico e ho controllato il meteo solo a Mosca, dove faceva circa meno due gradi. Sono andato con poche cose, avevo solo una giacca primaverile con me e mi sono ritrovato a Kazan con meno 30. Non avevo cappello, non avevo guanti, come fossi un turista. Sono arrivato lì e ricordo che stavamo camminando verso l’autobus distante circa 300 metri con il mio carrello per i bagagli. Quando sono arrivato la mia mano si era completamente congelata sul corrimano, ho dovuto usare l’altra per staccare le dita dal carrellino. Faceva davvero freddissimo, diciamo che non avevo pianificato benissimo ogni aspetto. Inoltre ricordo che andavo sempre a mangiare nello stesso ristorante italiano: ogni giorno il menu era pizza, accompagnata da mozzarella di bufala con prosciutto di Parma, pomodori e rucola.
Tu vieni da una grande scuola, quella rumena del rovescio una mano. Ci sono molti esempi del passato come Pavel, Voinea, Hanescu…Qual è il segreto di tanto talento?
Ha iniziato Nastase, poi la tradizione è proseguita con Tiriac, Pavel, Hanescu, Ungur, Pescaru, Voinea…abbiamo avuto molti giocatori con il rovescio ad una mano, tutti gli allenatori che ci hanno guidato in giovane età hanno iniziato a mostrarci quel tipo di colpo. Ora i tornei juniores sono pieni di ragazzi che giocano il rovescio bimane: credo che quello ad una sarà un colpo che mancherà in futuro
In generale Italia e Romania sono paesi fortemente legati. Qual è il tuo rapporto con il nostro paese? Conosci qualche parola italiana?
Ho giocato il campionato a squadre a Napoli l’anno scorso. Vengo sempre con piacere in Italia, dove ho disputato la mia prima finale Challenger a Cremona. Dialogo spesso con tutti gli italiani del circuito, da Fognini a Bolelli, Berrettini…cerco di parlare la vostra lingua per impararla sempre di più, anche se posso farmi capire con poche parole . Quando vado in un ristorante posso ordinare in italiano, sto cercando di esercitarmi perché non so parlarlo al 100%.
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Qual è la tua opinione sui giovani italiani? Hai giocato con Musetti in una battaglia incredibile questa stagione a Melbourne
Quella con Musetti è stata una delle partite più difficili che ho giocato, e perdere mi ha fatto molto male. Stavo giocando poco bene ma sono salito 5-2 nel terzo, ero vicino alla vittoria e pensavo di avere il match in pugno. Da lì ho iniziato a perdere la concentrazione e lui è rientrato, ha iniziato a colpire ogni palla e gli rimaneva tutto dentro. Mi sono sentito molto giù di morale quando sono uscito dal campo, mi sono detto che non sapevo se avevo più voglia di continuare a giocare. È stata una batosta mentale per me.Â
Sui giocatori italiani, direi che ne avete tantissimi. Berrettini è giovane e sta giocando bene, poi c’è Fabio, praticamente avete due giocatori in top ten. È un momento magnifico per il tennis italiano e sicuramente troverete altri giocatori, come Sinner. È talentuoso, gioca rilassato, mi piace molto il suo stile: penso che avrà molto successo in futuro. È importante per i bambini di 12, 13, 14 anni avere un esempio da seguire. La Federazione Italiana in tal senso sta lavorando benissimo organizzando un sacco di tornei Atp, Challenger e Futures.
Due anni fa tu e Mirza Basic avete raggiunto la finale a Sofia da sfavoriti. Hai perso quella sfida in tre set, hai rimpianti?
Ricordo che arrivammo a Sofia dopo aver giocato la Coppa Davis in Romania, in un piccolo paese nel nord-est, Piatra Neamt. Finimmo domenica, ho guidato per tornare a Bucarest per cinque ore dormendo poi sul divano di un mio amico, che poi mi ha accompagnato il giorno dopo per il primo turno contro Haase. Solo dopo è arrivato il mio allenatore. Sono arrivato rilassato e senza aspettative, e alla fine sono arrivato in finale.Â
Era una grande occasione, non posso dire di non avere rimpianti. Eravamo entrambi classificati intorno alla posizione numero 100, lui era più basso, intorno al 160, quindi avere la possibilità di disputare una finale Atp contro un giocatore di quella classifica e non con un top 20 era certamente un’opportunità . Ho avuto le mie chance nel tie-break del primo set, avrei potuto girare la partita ma in qualche modo nei momenti importanti ho iniziato a pensare a tutto quello che c’era intorno, alla possibilità di vincere il primo titolo e così via. La parte mentale mi ha abbattuto e ho perso quella partita. La stessa cosa è successa con Roger in finale a Basilea, ero avanti di un break sia nel primo che nel secondo set.
Che ricordi hai di quel match?
Ricordo di aver perso con Klahn a Stoccolma, nel torneo precedente. Non ero in piena fiducia, ma il mio allenatore continuava a dirmi che dovevo insistere con il mio gioco perché il meglio stava per venire. Sai, quando il tuo allenatore ti dice così e non vinci inizi a non crederci. Pensai ‘ok, questi sono gli ultimi due tornei dell’anno: prima Basilea, poi Bratislava’. Se avessi finito nella top 100 bene, altrimenti non era importante perché ero stanco ed avevo bisogna fino di rilassarmi due settimane per ricominciare. Partita dopo partita mi sono sentito meglio e sono arrivato in finale, per la prima volta contro Federer in un Atp 500 a casa sua: è stato un sogno diventato realtà . Ora vorrei giocare contro Novak o Rafa, ma non vorrei affrontarli nel primo turno di uno Slam.
Abbiamo parlato dei tuoi risultati recenti, ma qual è il tuo obiettivo a lungo termine in carriera? Hai un sogno nascosto come tennista ancora da realizzare?
Voglio vincere un titolo Atp. L’ho già ottenuto in doppio, ma voglio vincerlo in singolare. Ora devo fare il meglio che posso, sto dando il 100% per diventare il miglior Marius Copil. In termini di classifica voglio tornare nella top 100, ma non voglio certo fermarmi lì. Vediamo fino a che punto posso spingermi, vediamo quale sarà la migliore classifica alla fine della mia carriera. Non voglio avere rimpianti, quando smetterò non devo guardarmi dietro pensando di aver potuto far meglio.
Per concludere l’intervista, avresti alcuni videogiochi da consigliarci per questi giorni?
Gioco ogni giorno a Counter-Strike, mi rilassa e mi ricordo di quando ero bambino. Ora gioco molto, circa 6-7 ore al giorno: ho un team e stiamo giocando un campionato, anche se dopo 12 anni le mie capacità non sono più quelle di una volta. Gioco anche con le persone che mi scrivono su Instagram. Sto pensando di comprarmi un laptop così da poter avere la possibilità di giocare anche quando sono in viaggio.
Grazie mille, è stato un piacere averti ospite in questa intervista per Sportface
Grazie mille ragazzi, spero di rivedervi presto. Ogni volta che volete fare un’intervista sono qui. Fatemi sapere!
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