Dopo anni dalla mia presenza al Lemon Bowl, torno a sondare il territorio sotto un’altra veste, quella di assistente giornalista. Durante i quarti di finale del torneo, si ha la possibilità di vedere molte partite di piccoli giocatori dello stesso livello che battagliano con la volontà di arrivare fino all’ultimo giorno di gara. In particolare, vorrei mettere in risalto la categoria under 10 femminile, che mi ricorda me nel periodo in cui iniziai a competere in giro per l’Italia. Ho avuto modo di parlare con l’ex giocatore e Tecnico Federale Massimo Valeri di come sia complicato e impegnativo per un maestro gestire la fase evolutiva del bambino, nel momento in cui inizia ad addentrarsi nel mondo della competizione.
È proprio in questo momento che il bambino impara come affrontare e interpretare le partite.
Massimo ironizzava, ma non totalmente, che sia quasi necessario dover invertire le qualifiche da maestro (superiore) a istruttore (inferiore) e far sì che il bambino sia supportato da maestri con esperienza, che sanno realmente quanto conti il percorso per il futuro piuttosto che la partita in sé. Il bambino gioca per divertirsi e non per altro, è come una spugna e in questo periodo può apprendere sotto qualsiasi punto di vista.
Allora, perché rovinargli il divertimento? Molto spesso me lo chiedo quando, in giro per i campi, vedo genitori apprensivi e talmente coinvolti che non riescono a gestire le proprie emozioni e si fanno trasportare dal momento. E sono in gran parte loro che infliggono ai propri figli inutili pressioni senza sapere e tener conto che è fondamentale usare le partite come mezzo per migliorarsi, per mettere in pratica quello che hanno appreso in allenamento, che siano liberi di sbagliare e prendere decisioni da soli e non che vivano la partita come un test per capire se essere bravo o meno. È una mentalità, o meglio un modo di vivere, che se inculcato in giovane età, dalle prime partite, può realmente fare la differenza affinché il bambino sia sereno e possa spingersi oltre per togliersi soddisfazioni. Anche il direttore tecnico dell’Accademia Tennis Apuano, Giovanni Bianchi, crede che sia veramente importante far vivere nel migliore dei modi la competizione ai propri allievi. Se vinci e festeggi – dice Giovanni – che messaggio mandi al bambino? Quando perdi cosa fa? Come la vivi? Se il bambino perde, gli chiedi “cosa c’è che non è andato oggi” o se si è divertito? Il divertimento è anche quando provi a fare qualcosa e perdi. Ma ci hai provato. Se lanci questo messaggio come maestro, inizi a dare importanza a come il bambino dovrebbe affrontare la partita. Non è un insegnamento tecnico, ma come gli fai vedere la vittoria e la sconfitta, come gli fai vedere il tennis. Gli fai vedere i risultati o la bellezza del provare e riuscire o provare e non riuscire? L’errore è fondamentale per capire fin dove ti puoi spingere, qual è il tuo limite per provare a superarlo. Improntare il bambino a considerare questo torneo come uno dei più importanti, lo porta a riempirsi di ansie e pressioni inutili, incrementate da chi gli sta attorno, e a vivere la competizione come un test. Il ragionamento migliore da fare dovrebbe essere quello di considerare un torneo come importante se il bambino può essere accompagnato dal maestro, in modo tale da poter vedere il match e fare un lavoro migliore a casa. Tramandare questo mood, secondo il Tecnico Bianchi, può far sì che si possa creare un bel percorso per competere ad alti livelli, altrimenti potrebbe essere dura.
A questo torneo, Giovanni ha accompagnato vari ragazzi tra cui Giulia Luchetti, under 10 di 9 anni che ha vinto i quarti di finale contro Carolina Pacini. Giulia vive in Slovacchia ma ha il papà italiano e ogni volta che torna in Italia si allena con Giovanni. Giulia ama il tennis ma soprattutto gareggiare. Nonostante abbia poche esperienze alle spalle, in campo ha l’attitudine di una leonessa, sicura e molto spesso in spinta. Parlandoci, mostra subito grandi qualità nel come analizza la partita. Sapeva di aver giocato una partita molto lottata con una pari livello. Le due bambine hanno spinto ogni palla, senza mai mollare, nonostante alcune discussioni tra i genitori. Nel terzo set Giulia è riuscita a prevalere – lei dice – grazie a un consiglio del maestro che l’ha portata a sorprendere l’avversaria. Anche Carolina mostra grandi qualità tecniche. Sa già come si deve comportare e come deve affrontare alcune situazioni pungenti e non si fa destabilizzare da esse. Il papà, maestro ed ex giocatore, ha iniziato ad avvicinarsi al tennis in qualità di coach quando lei ha iniziato a giocare al CT Grosseto. Da poco tempo, hanno iniziato una collaborazione con l’ex numero 8 ATP ceco, Karel Novacek, che sicuramente, con la sua esperienza, le darà qualche dritta in più per il suo percorso futuro. Altre due bambine under 10 di spicco sono sicuramente Lara De Pellegrin, del circolo Carrara Polizia, e Nicole Scarpino del TC Bonacossa. Lara è una bambina nata nell’ambiente tennistico, tutta la famiglia gioca a tennis e lei mostra una grande passione per questo sport. Ha voglia di competere e sembra che niente la butti giù, continua a spingere ogni spalla più che può, mette a segno tanti punti ma non abbastanza per raggiungere la semifinale, arrendendosi alla maltese Sophia Arpa. Nicole Scarpino, invece, raggiunge la semifinale in una partita complessa ma sempre sotto controllo. Nonostante un’avversaria tenace e solida come Silvia Rosapepe, è riuscita sempre a fare il suo gioco, caratterizzato da una buona capacità di anticipo e una grande voglia di prendere campo. Attualmente vive a Milano e si allena al Bonacossa, è una bambina che ha iniziato a giocare a tennis trascinata dalla grande passione che ha la mamma per questo sport. Da subito ha mostrato grandi qualità tecniche tant’è che ha già preso parte a qualche raduno nazionale della Federazione Italiana Tennis.
Dal punto di vista tennistico, ci sono molte giocatrici che spiccano nel tennis italiano ma queste, in particolare, mi hanno colpito per il loro modo di stare in campo, di affrontare le avversità con serenità, di provare a dare il massimo indipendentemente dal risultato. È fondamentale che affrontino ogni partita come una possibilità di aggiungere un mattoncino alla loro esperienza in un percorso lungo e tortuoso che può regalarti grandi emozioni sia come giocatrice che come persona.