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“Se proprio devo perdere con qualcuno, sono felice che qualcuno sia lui”. Sono queste le parole di Rafael Nadal dopo la fine dell’aliena striscia di 81 vittorie consecutive sulla terra battuta, iniziata il 12 aprile del 2005 a Montecarlo e terminata il 19 maggio del 2007. Settecentosessantasette giorni di un dominio leggendario sulla superficie più amata, preambolo degli attuali dodici Roland Garros, in cui nessuno sembrava poter insinuarsi. Ha dovuto pensarci Roger Federer e non poteva essere altrimenti. Con un Djokovic ancora acerbo e lontano dai livelli dei primi due giocatori al mondo, lo svizzero era il principale antagonista del maiorchino anche sul rosso. Dopo aver ingoiato bocconi amari – la finale di Roma al quinto set nella stagione precedente su tutte – Federer arrivava all’atto conclusivo dell’ex Masters di Amburgo non al top della fiducia alla luce dell’ennesima batosta contro la sua nemesi a Montecarlo e la sorprendente eliminazione al Foro Italico contro Filippo Volandri.
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Rafa però era già in riserva e qualche crepa in quel muro insormontabile si era vista già nella semifinale sul rosso tedesco contro Lleyton Hewitt, risolta solamente per 7-5 al terzo e dopo due ore e trentacinque minuti di battaglia furiosa, con l’ex numero 1 vicino all’impresa. Eppure, il 6-2 con cui Nadal inizia la sua finale lasciava presagire una nuova pesante lezione. Niente di tutto ciò, il copione cambia improvvisamente dal secondo parziale. Il tremendo dritto mancino non fa così male, Roger tiene col rovescio con una disinvoltura quasi inedita e fatica sempre meno nei propri turni di servizio, già pronto ad attaccare col dritto e a togliere tempo e spazio al rivale.
La chiave di volta dell’intero incontro è il 15-40 salvato da Federer nel terzo game con quattro punti consecutivi, uno più significativo dell’altro: uno scambio da 20 colpi e uno da 22 portati a casa, un segnale forte e chiaro che viene pienamente avvertito da Rafa. Lo spagnolo capisce di essere in pericolo anche nel suo territorio e subisce l’allungo di Federer, che vola sul 4-1 e restituisce il 6-2 con un nuovo break.
Lo svizzero inizia a crederci, apre il terzo set salvando una chance di break con una pregevole volèe e non si volta più indietro. Roger non sbaglia più, tiene da fondo e attacca con i tempi giusti ma Nadal è ormai arrivato al capolinea fisicamente e mentalmente. Come un maratoneta che crolla per la fatica pochi metri dopo aver tagliato la linea del traguardo (già superata con la vittoria numero 76 sul rosso, valsa il record assoluto di successi sulla stessa superficie strappato a McEnroe che ci era riuscito sul sintetico), lo spagnolo è in completa balia dell’avversario che ne approfitta per scontare in un unico parziale tutte le sofferenze patite in precedenza: il 6-0 con cui Federer spezza la tirannia di Rafa è l’emblema di una forbice di valori indiscutibile in quello strano pomeriggio tedesco. Solamente una battaglia persa, ovviamente: la guerra del Roland Garros di poche settimane dopo tornò a parlare spagnolo.
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