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Jannik Sinner ha vinto gli Australian Open, ha conquistato un posto nel cuore di ogni appassionato e la gratitudine dell’Italia intera. Questo trionfo vale ogni sconfitta, ogni passo falso della nostra generazione tennistica, ogni piccola gioia, ogni microscopico progresso, ogni tappa azzurra, dai Challenger ai migliori tornei al mondo. Sinner ha cancellato ogni pianto, quella maledetta e italianissima sensazione di non arrivare all’obiettivo dopo averlo sfiorato e quasi assaporato. Daniil Medvedev ha svolto egregiamente la parte dell’antagonista, trasformando rapidamente in un incubo il sogno di un ragazzo in rappresentanza di una nazione intera. Due set sotto, le gambe che non vanno, il braccio che non spinge, quel meraviglioso rovescio disinnescato. In quel momento cosa è accaduto? Il tennis può essere uno sport malefico, ma è costantemente meritocratico, c’è sempre spazio per fantasticare, sperare, migliorare, invertire rotta, ribaltare, cambiare. Sinner ha meravigliato il mondo, infrangendo le ambizioni del russo passo dopo passo, un’accelerazione dopo l’altra, acquisendo fiducia. Jannik ha giocato da italiano: preoccupazioni, paure, difficoltà…poi? Razionalizzazione dei problemi, valore, reazione e, adesso anche nel tennis, vittoria. Il pubblico mondiale grida gioiosamente “Sinner”, quello italiano si commuove dalla gioia e pensa “Noi”. Grazie Jannik.
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