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“Mi sono infortunato parecchio nella mia vita e ho imparato a gestire queste situazioni. Quando rientri hai sempre tanti dubbi, quest’anno quando sono tornato avevo dubbi sul dritto che era il colpo che mi faceva sentire più dolore alla schiena. Dovessi dare un voto al mio anno darei un sei per l’esperienza acquisita”. Saper trarre il meglio dal peggio è una virtù rara e difficile da acquisire, lo sanno in tanti nel mondo dello sport e per fortuna lo sa Gian Marco Moroni come conferma l’intervista rilasciata ai microfoni di Sportface. Il tennista classe 1998 dopo aver raggiunto il suo best ranking nella passata stagione ha avuto un 2019 travagliato come lui stesso rivela. “Il secondo anno tra i pro è quello più difficile e quest’anno l’ho sperimentato sulla mia pelle. Quest’anno ho giocato bene tranne in qualche settimana, ma sono mancati i risultati e quando perdi tante partite al terzo sembra di vedere lo stesso film – spiega il giocatore capitolino – Ho fatto fatica dopo Bordeaux ho provato a tornare in condizione e ci sono riuscito però a Roma mi sono fatto nuovamente male e son stato costretto ad un nuovo stop. Adesso sto provando a riprendermi e sento di avere margine per le prossime stagioni”.
Specialmente nella prima parte dell’anno Moroni ha provato più volte a passare la fase di qualificazione nei tabelloni del circuito maggiore, riuscendoci però solo a Gstaad. “Nelle qualificazioni dei tornei ATP il rischio è quello di potersi fare dei film. Magari hai un turno facile ed inizi a pensare al centrale pieno, ai punti che si fanno, ai soldi e questo anche bisogna impararlo a gestirlo – afferma Gian Marco – Io personalmente adesso penso solo al presente e i giocatori che si affrontano in qualificazione sono quelli dei Challenger. Quando ho avuto esperienze con giocatori di livello più alto come Mannarino e Sousa ho sentito invece la differenza”.
Inoltre per il terzo anno consecutivo Gian Marco Moroni ha avuto modo di qualificarsi per il torneo di qualificazione delle ATP Next Gen Finals che si disputa allo Sporting Club Milano 3. Dopo aver saltato per infortunio l’edizione 2018 il romano è tornato sui campi di Basiglio cedendo però in semifinale a Dalla Valle. “Tra le regole della Next Gen reputo inutile in ottica futura il punteggio, il killer point e il warm-up corto – analizza le regole del format che ha avuto modo di riprovare dopo l’esperienza del 2017 – Le cose che invece mi piacciono sono lo shot clock che è stato adottato e il coaching perché guardando gli altri sport l’allenatore che ti segue durante la settimana può aiutarti anche nel momento della prestazione. Non è il massimo vedere che il tuo allenatore ti segue, ma non può intervenire e alla fine anche in Davis abbiamo visto che il match non gira intorno al coach”.
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Abbiamo capito che Gian Marco non è uno che si fa film e questo vale anche per la stagione 2020: “Non ho aspettative particolari per il prossimo anno anche perché crearsele è inutile. Io mi metterò con il mio allenatore, il mio preparatore e il mio manager per vedere come affronteremo l’anno capendo su cosa posso lavorare e quali saranno gli obiettivi a livello tecnico”. conclude il romano.
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