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L’Olimpiade? È il mio più grande sogno. Alcuni mi prendono per pazza perché dico che preferirei l’oro ad uno slam“. Liudmila Samsonova non sa ancora se potrà essere ai nastri di partenza di Parigi 2024, ma al solo pensiero dei cinque cerchi le brillano gli occhi. La tennista russa cresciuta in Italia, dove arrivò nei primi mesi di vita, è attualmente numero 18 WTA e numero tre del suo Paese, piazzamento che virtualmente le potrebbe permettere di partecipare ai prossimi Giochi.
Prima ancora di poter conquistare la carta olimpica sul campo però Samsonova è appesa come tanti connazionali alle vicende politiche, sulle quali sa non poter controllo. “Mi è già dispiaciuto non giocare Wimbledon, ma è inutile arrabbiarsi perché noi non possiamo farci nulla”. Alla vigilia della sua partecipazione agli Internazionali BNL d’Italia 2023, Samsonova ha parlato ai microfoni di Sportface nella settima puntata del podcast “Contropiede”. Tra i temi della chiacchierata l’exploit che l’ha portata in top 20, l’assenza forzata da Wimbledon, i rapporti tra russi e ucraini, il sogno a cinque cerchi e l’obiettivo di attestarsi ai vertici del circuito WTA.
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Roma è un po’ un torneo di casa per te?
“Beh, un po’ sì. Per me è sempre speciale tornare qui dove ho vissuto un piccolo pezzo della mia vita. Devo dire che mi sento a casa”.
Sei cresciuta in Italia e ci hai vissuto per tanto tempo. Adesso dove fai base?
“Adesso mi alleno e vivo a Monte-Carlo, anche se viaggiando durante l’anno ci torno poco. Quando non gioco però casa adesso è lì. Mi sto trovando bene”.
Gli ultimi due anni sono stati importanti. In che fase sei come giocatrice?
“Sono in un momento di crescita dove devo ancora imparare tante cose. Ho un percorso da seguire e sono consapevole di non essere una giocatrice completa. Quello che ho fatto nelle ultime due stagioni è incredibile però io vorrei arrivare in alto con le migliori. So che è ancora lunga e ho molto da imparare”.
Cosa ti manca per arrivare lassù?
“Sicuramente la continuità, perché chi sta in alto riesce a fare risultati ogni settimana. Per riuscirci servono esperienza e consapevolezza. Devo consolidare tante parti tecniche e mentali che mi permettano poi di stare lì”.
Nel momento in cui parliamo sei numero 18 WTA. Ti senti una top 20 legittima?
“Questo sì, assolutamente. Penso di aver dimostrato che posso stare nelle prime venti, ma come ho detto l’obiettivo è più in alto. Però sono già ad un livello elevato e mi confronto ogni settimana con le migliori, questa è una novità per me. Al primo turno inizio subito il torneo contro giocatrici forti ed affermate, quindi devo subito farmi trovare pronta giocando il mio miglior tennis”.
Con questa classifica hai guadagnato un po’ di fama. Ci sono Paesi dove ti fermano o riesci a girare ancora in tranquillità?
“Vivo ancora una vita normalissima non mi riconosco in giro, ma meglio così veramente. In Italia capita ogni tanto, soprattutto nell’ambiente tennistico. Lo stesso anche in Russia ogni tanto. Sui social invece devo dire di avere tanti followers cinesi ed americani”.
Nella seconda parte del 2022, dove hai vinto tre titoli, avevi trovato quella continuità che stai cercando.
“Devo essere sincera, era arrivata. In quel periodo ero intorno alla sessantesima posizione mondiale e non avendo giocato Wimbledon ho fatto un mese di preparazione che mi ha permesso di resettare la testa in quello che anche fuori dal campo non era un momento facile. Abbiamo lavorato molto bene e ho investito sulla figura del mental coach. La seconda metà di 2022 è stata frutto del lavoro fatto giorno dopo giorno con il team. Ho trovato continuità tra i tornei WTA 250 e WTA 500. Adesso voglio fare il salto successivo”.
Dal punto di vista della difficoltà nel partire bene, senti che adesso i WTA 500 possano essere più difficili dei WTA 1000 dove parti con il bye ed un secondo turno contro una “non testa di serie”?
“I tornei WTA 500 sono molto più impegnativi perché il cerchio di partecipanti è ristretto, ma i nomi sono sempre i migliori. Tornei come Roma e Madrid se sei testa di serie ti danno modo di entrare in condizione più gradualmente, quindi trovare il feeling è meno complicato. Poi non so quale categoria sia più difficile, ma nei WTA 1000 hai più chance di giocare una prima partita non perfetta”.
Da quest’anno Madrid e Roma si giocano su due settimane come Indian Wells e Miami. Le giocatrici si dividono su questo, a te piace la formula?
“A me piace tantissimo. Sono contenta del giorno di riposo perché ti permette di gestirti e di preparare bene la partita. A livello mentale non è facile perché passi tanto tempo nello stesso torneo e hai più pensieri, di conseguenza è importante sfruttare al meglio i giorni di recupero. Ci sono pro e contro, però dal mio punto di vista sono più gli aspetti positivi”.
Hai già accennato a Wimbledon. Croce e delizia negli ultimi due anni, sei passata dalla wild card a non poterlo giocare. Come hai vissuto questo passaggio?
“Rimane uno dei miei tornei preferiti e penso di poter esprimere un ottimo tennis sull’erba. Quello che è successo l’anno scorso non si può controllare, quindi è inutile arrabbiarsi e tenersi dei pensieri nella testa: non puoi farci nulla. Quella è stata una decisione loro e a loro la lasciamo. Sono molto felice di poter tornare quest’anno e spero di poter andare lì e giocare il mio tennis”
Tornerai a Wimbledon, ma ancora non si sa se i russi potranno giocare a Parigi 2024. Ci pensi all’Olimpiade?
“È il mio sogno più grande. Se mi chiedono cosa sogno dico sempre: “Voglio vincere l’Olimpiade”. Alcuni mi prendono per pazza perché non parlo degli slam, ma per me c’è prima l’Olimpiade. Già poterle giocare sarebbe fantastico. Che ti devo dire? Speriamo ci facciano partecipare”.
I rapporti tra russi ed ucraini nel circuito come sono al momento?
“Devo essere sincera, il 90% delle giocatrici ucraine non mi saluta. A me non dà fastidio, è comprensibile perché il loro Paese viene bombardato. Poi il mio parere è che sport e politica debbano essere separate. Noi alla fine siamo persone umane e solamente giocatrici, poi io e tante altre tenniste russe non viviamo in Russia. Mi metto nei loro panni ed immagino quanto possa essere difficile. Noi abbiamo provato ad usare il tennis per unire, all’epoca abbiamo proposto tante cose a WTA ed ATP e sono state tutte rifiutate. C’è tanto odio in giro, ma non le biasimo”.
Ad un certo punto sei stata ad un passo da poter rappresentare l’Italia da professionista. Fu un periodo abbastanza intenso, che ricordi hai?
“Dai sedici ai diciotto anni ho giocato per l’Italia. Se devo essere sincera avevo più pressione addosso, ne ho sentita tanta giocando per l’Italia. Io non ho avuto scelta, ho iniziato a rappresentare la Russia per questioni burocratiche. Quando è successo però mi sono scrollata un peso di dosso e mi è servito tanto”.
Hai detto di puntare ai vertici del circuito. Sei una che quantifica gli obiettivi o navighi a vista?
“Sono obiettivi di prestazione. Dopo ogni partita analizziamo cosa si può fare meglio e proviamo a mettere in pratica questi accorgimenti già dal match successivo. Non ho obiettivi di risultato, anche perché abbiamo capito che nel tempo è qualcosa che mi ha sempre frenato. Il lavoro quotidiano invece mi ha aiutato a fare risultati”.
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