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Fu probabilmente la stagione più prolifica per il nostro tennis al maschile, una “cucciolata” di giocatori così ben assortita tecnicamente da consentirci, pur comunque tra alti e bassi, di portare a casa i traguardi più attesi in terra italica, dal Foro Italico al Roland Garros, fino ad arrivare alla Coppa Davis. Proprio il torneo romano, già a quei tempi probabilmente l’appuntamento più importante in preparazione dello Slam parigino, ha visto dal 1976 al 1978 in finale la presenza di giocatori italiani.
Il 1976 è stato sicuramente l’anno d’oro di Adriano Panatta, ma già dal pirotecnico primo turno del Foro Italico si capisce che sarà tutt’altro che una passeggiata. L’atleta formatosi alla scuola di Formia di Mario Belardinelli deve infatti salvare ben 11 match point nell’incontro che lo vede prevalere al tie-break decisivo sull’australiano Warwick. Il suo cammino proseguirà poi indisturbato con le vittorie su Zugarelli e Franulovic, fino a un altro match da montagne russe con l’americano Harold Solomon, che qualche giorno a seguire batterà in finale al Roland Garros. L’incontro non fa che mettere a galla l’ambiente che ancora in quegli anni si respirava al Foro Italico quando a incrociare le racchette vi era un italiano, quindi giudici di linea faziosi e pubblico molesto ai limiti dello scorretto. Con tutto ciò Panatta e Solomon si trovarono di fatto costretti ad arbitrarsi la partita da soli, fino a che l’americano perdesse la testa sul 6-2,5-7,4-5,30-0 servizio per l’italiano, su un lob di Panatta che anche gli Dei del tennis avevano battezzato buono. A quel punto Solomon, anche incalzato dall’arbitro, infuriato decise di lasciare il campo sotto gli impietosi fischi del pubblico del Foro.
La semifinale con John Newcombe, che si giocava già al meglio dei cinque set, ha visto un ispiratissimo Panatta andare dritto in finale con un secco 6-2, 6-4, 6-4, dove incontrò la testa di serie numero uno e favorito Guillermo Vilas, l’argentino che soprattutto su queste superfici in quegli anni risultava quasi imbattibile. Adriano nonostante un primo set perso male, dove l’argentino era riuscito ad imporre il proprio gioco di pressione da fondo campo, è tornato ad essere più aggressivo sin dai primi game del secondo set, riuscendolo a portare a casa al tie break per poi volare via facilmente con un 6-2 nel terzo. Anche il quarto set lo vede menare le danze con diverse palle break non concretizzate, ciò nonostante il tie break lo vede protagonista assoluto e trionfante con il 7-1 finale.
L’anno successivo è però il tennista romano a recriminare, sconfitto ai quarti da colui che ha poi vinto il torneo, il compianto Vitas Gerulaitis, che si impose dopo una dura battaglia col punteggio di 1-6, 7-6, 6-3.
Ma il 1977 è l’anno di un altro tennista romano, anch’egli cresciuto sotto la guida del Maestro Mario Belardinelli, Tonino Zugarelli. Brevilineo, dotato di gambe rapidissime, il baffuto Zugarelli, che proprio quell’anno raggiunse il suo best ranking di n. 27 del mondo, sfruttò magnificamente un tabellone che gli si aprì con le precoci sconfitte di Vilas e Nastase per via rispettivamente di Franulovic e Dent (Phil, australiano, padre di Taylor, uno degli ultimi esponenti del serve and volley). Proprio questi ultimi due nell’ordine furono le vittime di Tonino negli ottavi ed in semifinale, mentre nei quarti a dover soccombere fu il cileno Victor Pecci.
Il tennista romano con il calcio nelle vene (il suo vero sogno da ragazzino era quello di diventare un calciatore professionista) come detto affrontò in finale un ispiratissimo Vitas Gerulaitis. L’americano, testa di serie n. 8, incontrò comunque grosse difficoltà nel prevalere su Zugarelli, che avvalendosi anche del suo brillante gioco a rete riuscì quasi a portare la partita al quinto e decisivo set, soccombendo tra gli applausi del pubblico romano con il punteggio di 6-2, 7-6, 3-6, 7-6.
Il 1978 fu invece l’anno della seconda e ultima finale di Adriano Panatta all’ombra del Colosseo. L’ex numero 4 del mondo arrivava da un periodo negativo, tant’è che cominciò il torneo fuori dalle 16 teste di serie. Il primo turno però risultava di grande ispirazione per il talentuoso ventottenne romano, che si trovava di fronte la testa di serie numero due del torneo, il campione uscente Gerulaitis. Panatta lo regolò in due set tiratissimi 7-6, 7-5.
A seguire altri match tutt’altro che comodi per l’azzurro, che sconfisse in serie altri tre statunitensi, Moor, Pfister e Amaya. In semifinale, penultimo ostacolo per bissare il successo al Foro di due anni prima, uno dei principali specialisti del rosso, lo spagnolo Jose Higueras, che partiva come testa di serie numero 13. Partita incredibile e piena di tensione, dove il pubblico, anche qui, giocò un fattore determinante. Dopo un set dominato dallo spagnolo senza lasciare un game all’italiano, c’è stata la reazione di quest’ultimo così come l’entrata in partita del pubblico dalle tribune. Jose Higueras fu di fatto assediato con fischi, insulti e anche un paio di monete. Lo spagnolo a un certo punto, colto da una crisi di nervi, gettò a terra la racchetta e tirò fuori il dito medio verso la folla. Di lì a poco seguì il pandemonio, con una lattina di coca che atterra a un pollice dai piedi di Higueras, con grida “Buffone !!!” che risuonavano. Incredibile a dirsi anche il giudice di sedia perse la testa, addirittura esclamando al microfono riferito al pubblico: “Silenzio, cretini!”. Fatto sta che Panatta portò a casa faticosamente 7-5 il secondo set, ma lo spagnolo subito dopo si ritirò. Intervistato quest’ultimo disse “Ho dovuto andar via o uccidevo qualcuno”.
Chiusa la a dir poco complicata vicenda della semifinale, Adriano Panatta si trova ad affrontare il più forte tennista del mondo ma anche uno dei suoi avversari preferiti, Bjorn Borg. L’azzurro è stato l’unico giocatore ad aver battuto (peraltro due volte) lo svedese sui campi del Roland Garros. E anche in questa finale del Foro del 1978 Panatta renderà la vita complicatissima al giovane fenomeno scandinavo, riuscendolo a portare al quinto set, ma dovendo soccombere col punteggio finale di 1-6, 6-3, 6-1, 4-6, 6-3.
All’epoca era di fatto plausibile che un italiano, nei giorni finali del più prestigioso torneo di preparazione allo Slam parigino, riuscisse a fare risultati. Questo grazie a una “generazione di fenomeni”, quale fu quella dei quattro moschettieri d’Italia: Adriano Panatta, Tonino Zugarelli, Corrado Barazzutti e Paolo Bertolucci. Un quartetto che conquistò la Coppa Davis nel 1976 e che giunse in finale altre tre volte nei quattro anni successivi. Altri tempi, altre storie di tennis…