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Matteo Berrettini è in semifinale agli US Open. Il romano classe ’96 esce vincitore dall’epic match contro Gael Monfils con il punteggio di 3-6 6-3 6-2 3-6 7-6(5) in 3 ore e 57 minuti di gioco. Una partita esaltante e ricca di colpi di scena, che lancia l’azzurro a ridosso della top 10 della classifica mondiale ma soprattutto annuncia l’ingresso nel tennis di vertice di un grande giocatore che ha avuto pazienza.
L’allievo di Vincenzo Santopadre ha appena 23 anni, certo, ma a differenza di molte stelle del circuito non è stato protagonista di una carriera giovanile di primissimo livello. “Uno dei tanti”, Matteo faceva parte di un folto gruppo di bambini italiani, poi ragazzi, che a tennis giocavano bene (chi più chi meno) ma che faticavano ad imporsi con continuità. Problemi fisici, carenze a livello mentale, pause durante gli incontri. Da “under” ogni match può diventare un romanzo e raramente i protagonisti sono in grado di prenderne e gestirne il controllo sino in fondo con semplicità. Un po’ il rischio che ha corso, sull’Arthur Ashe Stadium, Berrettini di fronte al primo match point.
In vantaggio 5-3 40/30 al quinto set, con Monfils stremato e apparentemente sotto la doccia, “Berretto” ha tremato. Doppio fallo, tirando la seconda di servizio più lenta della sfida e probabilmente di tutto il torneo che si spegne mestamente a metà rete. Passo alla prima persona per dire che, in quel preciso istante, ho rivisto interi anni della mia vita, della nostra vita.
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Quella battuta somigliava maledettamente allo slice fanciullesco con cui provi a mettere in campo la seconda sul match point della tua prima finale under 12. Senza riuscirci. Quella battuta (perché da piccolo la chiami così, altro che “servizio”) è la stessa del Matteo che da gregario vince la Coppa delle Province con la squadra giovanile di Roma, la stessa della semifinale della tappa capitolina del Nike Junior Tour, la stessa del secondo turno dei Campionati Italiani al campo 8 del TC Milano Bonacossa. È la battuta di Matteo al Circuito del Tirreno e poi alla Coppa Belardinelli, quando al Foro Italico scendevi in campo con il completino Mordillo, non contro Alexander Zverev sul Centrale di sera a maggio. La battuta del Lemon Bowl il 2 gennaio alle 8.30 del mattino, dei tornei ETA che a un certo punto qualcuno ha iniziato a chiamare Tennis Europe. Quella battuta non ce la ricordiamo sul cemento indoor di Messina, perché nell’ultimo incontro di qualificazioni della Coppa Inverno contro i padroni di casa della Sicilia ci hai messo 35 minuti a perdere 6-0 6-1 il tuo singolare. Se la potrà ricordare chi stava al tuo fianco in doppio nei primi ITF under 18 in Egitto, che a loro volta ricordano a te, ricordano a noi, che per arrivare lassù sei passato dalla strada più lunga.
La reazione a quel doppio fallo ci spiega chi sei, e perché sei lì. Non si vince una partita così, in un contesto così, se non sei un ragazzo speciale. Mentre rialzavi la testa, con un sorriso ironico stampato in volto, a casa tutti noi ci contorcevamo, tra l’incredulità e la delusione. Poi, circa un quarto d’ora dopo, il tripudio.
Grazie Matte, perché se è vero che oggi rappresenti tutti coloro che hanno intrapreso il tuo percorso ma si sono arresi, questa notte ci hai riportato ai “tempi d’oro”. E adesso non fermarti, adesso mostraci fin dove può spingersi chi ha saputo reagire a quel doppio fallo. Noi non ci siamo riusciti.
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