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Celebrare i successi dell’Italtennis maschile, settimana dopo settimana, sta diventando una dolce abitudine, una di quelle che non stancano mai. Una routine che non ha subito interruzioni nel passaggio dalla terra ai primi tornei sul cemento rendendo da fantastica a magica l’estate del tennis azzurro. Per la terza settimana consecutiva un atleta tricolore solleva un trofeo al cielo, il quarto negli ultimi venti giorni: Fabio Fognini a Los Cabos vince il suo primo torneo in carriera sul cemento bissando il successo sulla terra di Bastad e aggiungendosi ai trionfi di Cecchinato a Umago e Berrettini a Gstaad. L’Italia festeggia dunque il sesto titolo stagionale, eguagliando il il 1976 (altra annata magica del movimento) e portandosi ad una sola lunghezza dal record di sette fatto registrare nel 1977 quando siamo solamente ai primi di agosto.
FOGNINI… – Dalla Svezia al Messico, passando per la fisiologica pausa con la sconfitta all’esordio in Svizzera. Fabio conferma tutti i suoi progressi in una stagione che lo sta rilanciando verso il best ranking, distante solo 100 punti, e in cui sembra aver raggiunto il pieno della sua maturità. Non è un caso che il taggiasco abbia raggiunto il suo primo hurrà sul duro nel 2018, dopo essere partito col piede giusto a gennaio con la semifinale a Sydney e l’ottavo di finale a Melbourne. Dopo un esordio difficile con Halys, Fognini ha accelerato e non ha lasciato scampo a nessuno, Juan Martin del Potro compreso: anche il numero 4 al mondo ha raccolto le briciole al cospetto del numero 1 azzurro. E chissà che quelle treccine (“Colpa di una scommessa ma mi stanno portando fortuna, vedrò col mio team di trovarne un’altra da onorare”) non diventino un nuovo amuleto.
… MA NON SOLO – I titoli odierni, giustamente, sono tutti per Fognini ma occorre ricordare che Fabio non è più da solo. Un semplice esempio: nei quarti di finale a Genova dello scorso aprile, al ligure fu chiesto un parere sul fatto di dover sempre “togliere le castagne dal fuoco” e la sua risposta fu “a volte ci si scotta, ma mi piace”. Ecco, in quel periodo Marco Cecchinato non aveva ancora vinto in stagione una partita sul circuito maggiore ed era numero 100 al mondo, mentre Matteo Berrettini veniva convocato per la prima volta per acquisire esperienza, con 4 posizioni di ritardo nel ranking rispetto al siciliano. Appena tre mesi dopo, sia Marco che Matteo possono fregiarsi dei primi titoli in carriera (senza dimenticare la pazzesca semifinale al Roland Garros del ‘Ceck’) e una classifica decisamente da top-player. Una sana rivalità, stimolo e motivazione l’un per l’altro quando a far da traino non è più solo un giocatore. E adesso sotto con la lunga estate americana: le notte magiche azzurre sono solamente agli albori.