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Con buona pace di chi, come me, auspicava una riduzione del numero di squadre e il passaggio ai gironi da quattro, anche nel 2020 le nazioni partecipanti alle Davis Cup Finals saranno 18 e il format replicherà sommariamente quello attuale. Non mancheranno però novità e modifiche, come hanno anticipato il presidente ITF David Haggerty e Gerard Piqué, fondatore della società Kosmos, nella conferenza stampa tenuta oggi davanti a un centinaio di reporter e giornalisti.
Nel suo discorso introduttivo, Haggerty ha subito esordito dicendo che la “Coppa Davis 2019 è stata un successo. A fronte di una pressante richiesta dei giocatori e del disinteresse crescente degli sponsor, abbiamo ascoltato e ci siamo posti quattro obiettivi: per i giocatori, per le nazioni, per gli sponsor e per i tifosi”. Secondo il presidente ITF questi obiettivi sono stati raggiunti e il format delle finali ha combinato i migliori elementi di 119 anni di storia con le esigenze di modernizzare.
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Lanciando indirettamente una frecciatina all’imminente ATP Cup, Haggerty ha poi proseguito dicendo che “la Coppa Davis è e resta l’unica competizione ufficiale annuale in cui i giocatori rappresentano la loro nazione; qui – ha precisato – il team e la nazione vengono prima dell’individuo”.
Passata la parola a Piqué, il difensore del Barcellona ha iniziato snocciolando alcuni dati: con 650 giornalisti di 25 nazioni differenti, la manifestazione è stata seguita in 121 paesi nel mondo e qui a Madrid, prima della finale, gli spettatori sono stati circa 130 mila. “Quando siamo partiti qualche anno fa con l’idea di rinnovarla, la Davis aveva quattro sponsor mentre oggi ne ha undici, oltre ad altri 20 partners. Il nostro motto di partenza fu: anno nuovo, stessa anima. E l’anima avete potuto verificarla tutti, qui a Madrid, dalle lacrime dei serbi in conferenza stampa alla gioia dei canadesi e di molti altri sui campi”.
Fin qui, tutto bene. Poi sono iniziate le domande, molte delle quali sentite e risentite più volte in questi giorni tra gli addetti ai lavori. Tra tutti i problemi, quello più pressante ha riguardato gli orari di gioco ma Piqué, al riguardo, ha risposto che “studieremo qualcosa di nuovo nei prossimi mesi senza stravolgere il formato. Potrebbe essere l’introduzione di un quarto campo, qui alla Caja o in alternativa la Madrid Arena, anche se questa eventualità porterebbe difficoltà logistiche, e pure la rimodulazione degli orari e dei tempi di gioco”. Ma, a chi gli ha ventilato la possibilità di modificare anche il punteggio con l’introduzione, ad esempio, del super tie-break e addirittura del no-ad sul 40-40, sia Piqué che Haggerty hanno lasciato intendere che lo score non subirà modifiche.
Tra i punti salienti e inevitabili, c’è stato quello della coesistenza delle tre “Cup” (ATP, Davis e Laver) all’interno di un calendario così fitto. A tal proposito, Piqué non ha avuto esitazione a sostenere che “il meglio per il tennis sarebbe una unica competizione a squadre nell’arco di due settimane da svolgersi ad esempio in settembre e per portare avanti questa idea incontreremo nei prossimi mesi i vertici dell’Associazione Tennisti Professionisti. In questo senso speriamo di potervi annunciare novità nel 2020”. Però, come ha ribadito il cronista argentino, mettere nella stessa settimana le finali di Coppa Davis e le esibizioni di Federer in Sudamerica ha fatto sì che l’interesse nei confronti della Davis, nei paesi interessati da queste ultime, sia sfumato.
“Noi possiamo controllare solo ciò che è sotto il nostro controllo” ha risposto Haggerty. “Facciamo e faremo in futuro del nostro meglio per la Coppa Davis ma non possiamo rispondere delle iniziative degli altri”. Sempre in merito al futuro, ancora Piqué ha sottolineato che, dal 2021, “sono diverse le location interessate ad ospitare questo evento. Potremmo continuare con Madrid o spostarci altrove, in Asia come in Nord e Sud America”.
Infine, inevitabile la domanda relativa ai rapporti non del tutto ottimali con Roger Federer. E Piqué ha ribadito: “Roger è forse il miglior tennista della storia e per me è sempre stato un idolo. Quando, nel 2018, è stata presa la decisione di accogliere il nuovo format abbiamo subito parlato con Tony Godsick – il suo agente – e, dietro specifica richiesta, l’abbiamo pure formalmente invitato qui in questa settimana. Sembrava che i nostri rapporti fossero ottimi ma tutto ad un tratto le cose sono cambiate e non sappiamo perché. Ho pensato che ci considerasse in qualche modo rivali della Laver Cup, di cui sono ideatori e patrocinatori, che è una competizione giovane e da proteggere. Li capisco perfettamente e la realtà è che quest’anno la Svizzera non si è qualificata e quindi Federer, anche volendo, non poteva essere qui. Vedremo cosa succederà in futuro”.
Chiusura di Haggerty sull’eventualità che Davis e Fed Cup, entrambe sotto l’egida dell’ITF, possano un giorno unirsi sul modello dei tornei combined e celebrare le Finals insieme. “Per ora vediamo di fare un passo alla volta ma non è da escludere in futuro una tale eventualità. Intanto in aprile del prossimo anno anche la Fed Cup avrà le sue finali sul modello di questa, in Budapest”.
C’è tempo per un’ultima presa di coscienza da parte di Piqué: “Siamo consapevoli che ci siano aspetti da migliorare e faremo tesoro di quanto successo qui per evitarli in futuro. Non dobbiamo dimenticare che è stata la prima volta e non potevamo prevedere tutto; penso che già dall’anno prossimo andremo meglio”.
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