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Era il 4 febbraio 2001 quando al Palalido di Milano il circuito Atp scrisse per la prima volta in un albo d’oro il nome di Roger Federer. Capelli raccolti una coda, l’aria sbarazzina di un ragazzo di 19 anni di cui si parlava un gran bene ma a cui sembrava mancasse ‘qualche venerdì’ per potere competere ad alti livelli. Eppure la palla da quel braccio d’oro filava già in maniera sublime. “Ti auguro un futuro radioso”, gli disse Lea Pericoli durante la premiazione ma neppure il più inguaribile ottimista credeva di aver di fronte quella che sarebbe diventata la più grande icona di questo sport.
Da Milano a Dubai, nella sua Dubai. A pochi chilometri da una delle sue residenze, diciotto anni dopo è arrivato il titolo numero 100: un’impresa riuscita solamente tra gli uomini a Jimmy Connors nell’era Open (109, in uno dei pochi record ancora mancanti allo svizzero) e, tra le donne, a Steffi Graf (107), Chris Evert (157) e Martina Navratilova (167). Roger, però, non ha ancora fatto luce sul suo futuro e potrebbe riservarsi come stimolo l’aggancio a Jimbo: 38 anni ad agosto, un’altra Olimpiade all’orizzonte per inseguire quell’oro in singolare fin qui sfuggito per piazzare uno dei pochi tasselli mancanti nel suo palmares.
Non si è fatto mancare nulla Federer da Milano 2001, quando non aveva neppure idea del modo in cui celebrare la prima perla della sua carriera. La vera e propria consacrazione avvenuta pochi mesi dopo a Wimbledon battendo Sampras lo proiettò immediatamente nella storia di questo sport, ancor prima di riscrivere qualsiasi record possibile e immaginabile. Roger ci prese gusto, sui sacri campi dei Championships nel 2003 piazzò il primo dei venti acuti negli Slam demolendo il precedente primato di Sampras (successivamente superato anche da Nadal e Djokovic) e iniziò la sua ascesa verso il trono virtuale del G.O.A.T.
Icona di stile con il marchio RF diventato tra i più famosi al mondo tra gli sportivi, addirittura “esperienza religiosa” per David Foster Wallace in uno dei tanti libri scritti per descrivere un personaggio dai tratti mistici, ‘tiranno’ del primo decennio del 2000 capace di stregare i suoi sudditi dal vivo o attraverso uno schermo colpendo la palla sempre in maniera diversa, così come imparato da ragazzo nelle interminabili sessioni con il muro prima degli allenamenti a Losanna. Venti Slam, sei Atp Finals, ventisette Masters 1000, ventidue ‘500’ e venticinque ‘250’: cento di questi giorni in un viaggio difficilmente replicabile ma del quale non è ancora stata scritta la parola ‘fine’.