Roger Federer è ancora una volta sul tetto del mondo, cinque anni e 106 giorni dopo. La vittoria ai danni di Robin Haase segna il ritorno in vetta dello svizzero, che a 36 anni e 4 mesi diviene il numero 1 più anziano di tutti i tempi. 302 settimane da re, piene di trionfi e record frantumati. Numeri di una favola meravigliosa, iniziata in Australia 14 anni fa.
AUSTRALIAN OPEN 2004, LA PRIMA VOLTA
“Sapevo di avere la possibilità di diventare numero 1 al mondo. Forse sono riuscito a mascherarlo bene, ma ero nervoso. Molto nervoso”. E’ il 30 gennaio 2004. Roger Federer ha appena battuto in tre set lo spagnolo Juan Carlos Ferrero, 6-4 6-1 6-4, centrando la sua prima finale agli Open di Australia e, soprattutto, conquistato per la prima volta la vetta del ranking ATP. Tre giorni più tardi avrebbe ricevuto lo scettro e la corona (spodestando Andy Roddick), tenendoli stretti per 237 settimane consecutive. Un record, uno dei tanti. La Rod Laver Arena (ancora colorata di verde) è il teatro che il destino regala alla “prima” del Maestro che, in cuor suo, probabilmente avrebbe preferito Church Road. Segnatevi questo nome, tornerà. Sono passati esattamente quattordici anni e il nostro, senza possibilità di smentita, sembra davvero aver fatto il bagno nella piscina di Cocoon, quella dell’eterna giovinezza. Il Federer di gennaio 2004 deve ancora compiere 23 anni, è meno scavato in volto, non porta la polo e tiene i capelli legati in un codino ma fa già spellare le mani. Il timing sulla palla è perfetto, i colpi fluidi e maledettamente naturali. A volte sembra pattinare. Straordinario. Il regno è suo e questa incoronazione profuma tanto di “anno zero”. La straordinaria epopea di Pete Sampras e l’interregno australiano targato Lleyton Hewitt sembrano già un lontano ricordo, spazzati via da una ventata fortissima di classe cristallina, destinata come nessun’altra a lasciare un segno indelebile nella storia. No, non sarà uno di passaggio. I circa 15 mila dell’impianto principale di Melbourne Park lo testavano per la prima volta, con i loro occhi, quel 30 di gennaio. Il resto del mondo, da par suo, iniziava a farsi un’idea dello spettacolo a cui avrebbe assistito negli anni a seguire. Tanti, tantissimi anni, ma quattordici così non avremmo mai osato chiederli.
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WIMBLEDON 2009, LA FINALE INFINITA
“Sorry Pete. I tried”. Dopo 4 ore e 16 minuti di grandissimo tennis, un imbarazzato Andy Roddick porge le sue scuse a Pete Sampras, sul Campo Centrale di Wimbledon. E’ il 5 luglio del 2009 quando Roger Federer conquista il suo sesto titolo a Church Road, quindicesimo Slam, uno in più di “Pistol Pete”. Sono servite quarantasei interminabili settimane per riprendersi il trono scippatogli a suon di dritti dalla chela mancina di Rafael Nadal. Siamo sbarcati nell’era dei “fab four”, non a caso i primi quattro in classifica al termine del 2008. Non solo Nadal, ma anche Novak Djokovic ed Andy Murray stanno iniziando ad alzare la testa e hanno una voglia matta di vincere e poter dire la loro. Riconfermarsi, di questi tempi, non è così facile. Il 2009 dello svizzero inizia sotto una pioggia di lacrime, quelle della premiazione di Melbourne, dove Rafa (numero 1 del ranking dal mese di agosto dell’anno precedente) ha appena piantato la sua prima (e finora unica) bandierina. Più di qualcuno inizia a dubitare di lui, a credere che lo svizzero abbia imboccato il viale del tramonto. Nossignore. Dopo le nuvole spunta sempre il sole, si sa, e qualche mese dopo è tempo di fare spazio in bacheca per la prima Coppa dei Moschettieri. La finale dei Championships, poche settimane più tardi, è memorabile, una di quelle partite che dovrebbe terminare con due vincitori ex aequo. Cinque set di rara bellezza ed intensità, dove colpi spettacolari si sono alternati ad errori figli della tensione e della posta in palio. Dopo essersi portato avanti di un parziale, lo statunitense è volato 6-2 nel tie-break del secondo set e, sprecate quattro occasioni consecutive (comoda volèe alta di rovescio spedita fuori sul 6-5), ha dovuto iniziare a rincorrere. La maratona finale (16-14 il risultato del quinto set) è stato un estenuante braccio di ferro. I nervi e la testa, questa volta, hanno retto bene. Il numero 1 al mondo è ancora Lui.
WIMBLEDON 2012, LA GLORIA IMPERITURA
Due anni passati a scrivere della fine, di una anzianità di servizio ai confini del ritiro, del fatto di doversi abituare quanto prima all’idea di un tennis senza di Lui. Troppo facile con un Nadal indemoniato, in grado di portare a casa tre Slam su quattro nel 2010, e con il miglior Djokovic di sempre, quello della versione “Born to run”, che ha preso il 2011 e ci ha apposto la sua firma a caratteri cubitali. Grazie, Roger. Grazie e arrivederci. Troppo facile, ancora una volta. Nessuno che abbia fatto i conti con l’anima del tennista elvetico, che abbia messo in preventivo cosa sarebbe potuto accadere all’accendersi dei tosaerba elettrici, quelli che una volta adoperati riempiono l’aria di un profumo inconfondibile. Un profumo che accende l’anima di tutti i bambini e di un trentenne di Basilea che appena vede verde, appena “sente” verde, assume sembianze surreali. Domenica 8 luglio 2012 Roger Federer torna re di Wimbledon e numero 1 del mondo, per la terza volta, per la 286a settimana. Ancora un dramma, sportivo e umano allo stesso tempo, per un Andy Murray che non riesce a nascondere l’amarezza della quarta finale Slam consecutiva senza vittorie. Sulla situazione di un set pari Roger deve aver dato un’occhiata al cielo e giù acqua, tanta abbastanza per mandare i due negli spogliatoi. Quaranta minuti abbondanti per chiudere il tetto e chiudere i conti con la storia. Un game interminabile, il sesto del terzo set, che dura 20 minuti. Gli occhi addosso di una Nazione intera devono essere pesanti. Murray crolla e non si riprende più. Due anni e mezzo dopo l’ultima vittoria in Australia, sempre ai danni di Andy Murray, Federer si regala il suo diciassettesimo Slam. L’ennesimo di una carriera inimitabile, di una favola infinita, di un campione che ha scelto di riscrivere le leggi che regolano lo spazio ed il tempo. Con un timing perfetto, come sempre.
https://www.youtube.com/watch?v=2X-e8Bmq8KM