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“Sono molto contento di quanto fatto la scorsa settimana, venivo da un gennaio complicato ma in allenamento giocavo bene”. Finalista e vicino al primo titolo Challenger in quel di Budapest, Roberto Marcora punta forte su un 2019 che potrebbe dargli molto: infortuni ormai alle spalle, che lo hanno spesso condizionato nella sua carriera, e una base stabile su cui fare affidamento. Attualmente nei primi 250 Atp, ma con un best ranking da numero 178, il ventinovenne di Busto Arsizio guarda al futuro con serenità.
In esclusiva ai microfoni di Sportface.it, il lombardo ripercorre il cammino in Ungheria, conclusosi con un pizzico di amarezza: “La finale di Budapest è stata inaspettata per le difficoltà avute nel primo mese dell’anno. Ho viaggiato tanto in questi mesi, mi ha aiutato molto avere accanto Francesco Aldi e Filippo Baldi dopo un periodo di solitudine, mi sento a mio agio con loro. Sono stato quasi sempre solido nel corso del torneo. Il campo mi ha aiutato, non era troppo veloce e mi ha permesso di rispondere bene ed essere solido da fondo. La vittoria con Barrere al secondo turno mi ha dato fiducia, mentre la partita dopo ho giocato un gran match contro Gombos”.
“Non è una questione di colpi – racconta – ma più di attaccamento, voglia di vincere e lottare. Peccato per la finale, lui (Aleksandr Bublik, kazako classe 1997, ndr) è stato più bravo. Non sono riuscito ad entrare in partita, io ho bisogno della ‘lotta’. Nel secondo set ho avuto più chance. Me la sono goduta poco ma ciò non cancella il più che positivo andamento del torneo”.
La vita del tennista professionista non è però tutta rose e fiori come potrebbe sembrare. Oltre all’aspetto economico, è fondamentale avere un supporto fisso e affidabile. Lo sa bene Roberto, che fa un riassunto di un 2018 a due facce: “E’ stato un anno pazzo, incredibile. Ho cambiato team dopo 8 anni, io e Uros Vico ci siamo lasciati. Abbiamo ancora ottimi rapporti, per me è come un fratello maggiore. Ho fatto la preparazione ad Alicante con Cecchinato, Vagnozzi e Ferrara. Vagnozzi aveva tante settimane da dedicare a Cecchinato, e io mi sono trovato da solo per marzo, aprile e maggio. Durante il Roland Garros lo avvisai dell’inevitabile separazione. Proprio in quel momento ho pensato di smettere, non vedevo altre soluzioni. Parlando con la mia famiglia pensai di tornare con Uros. Il Tennis Milano è casa mia, sono tornato a sentirmi coccolato e i risultati sono venuti di conseguenza. Proprio per questo difenderò punti da inizio giugno. Stavo giocando bene anche prima ma non ero tranquillo di testa. Poi l’ennesimo cambiamento a fine anno. Vagnozzi e Ferrara hanno fatto un’offerta ad Uros, cui era difficile dire di no”.
La svolta è arrivata a fine ottobre, periodo dedicato alla Serie A1, in cui Marcora e il suo ‘Selva Alta Vigevano’ hanno ottenuto un’agevole salvezza. “Seduti ad un tavolo Baldi e suo padre mi hanno detto di venire a Palermo, dove mi sarei trovato benissimo. Aldino (Francesco Aldi, ndr) mi è sempre piaciuto d’impatto, con Filippo aveva fatto un gran lavoro. Ho conosciuto Cinà andando lì. Ero sicuro, e in cinque giorni decisi di lasciare Milano per Palermo”.
Un passato tra gioie e momenti di comprensibile riflessione. Il futuro prossimo di Roberto Marcora è ancora tutto da scrivere: “L’obiettivo ad inizio anno erano le quali del Roland Garros, spero di vincere qualche partita da qui a maggio. L’importante è rimanere sempre pronti, poi l’occasione arriva e devi sfruttarla. Ora vado a Palermo per fare un piccolo richiamo prima di Bergamo e Pau”.