[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”10725″]
Classe 1981 ed ex numero 27 della classifica Atp, Potito Starace si è raccontato nella trasmissione “15 minuti con…” in esclusiva sulla pagina Facebook di Sportface. Sotto la guida di Umberto Rianna il tennista di Cervinara ha ottenuto risultati rilevanti nel primo decennio del 2000: oltre ad aver colto ben 11 titoli Challenger, il campano può vantare 4 finali Atp e numerosi piazzamenti di rilievo in tornei prestigiosi come il Roland Garros e gli Internazionali d’Italia. Intervistato dal direttore Alessandro Nizegorodcew, Poto ha ripercorso i momenti migliori della sua carriera: dalla repentina scalata del 2004 e le soddisfazioni nello Slam parigino fino al tortuoso processo giudiziario legato al match fixing, passando per l’incredibile querelle con Maradona nel torneo di Buenos Aires.
Partiamo dagli inizi. Come ti sei avvicinato a questo sport?
“Sono nato in un paesino, a Cervinara, dove mia nonno aveva rilevato un piccolo circolo di tennis sotto casa. Da lì è partita questa passione, un po’ per caso visto che mio padre veniva dal calcio. Inizialmente anche io cominciai col pallone, poi all’età di 7 anni ho scelto di focalizzarmi sul tennis”.
Il 1981 è stata un’annata fortunata per il tennis italiano. Volandri, Lorenzi, Aldi solo per citarne alcuni. Immagino che i campionati nazionali fossero parecchio tosti…
“Decisamente. Io sono stato molto forte fino all’under 12, mentre tra i 14 ed i 16 anni ero un pochino indietro rispetto ad altri. A 18 anni ho vinto gli assoluti, da lì piano piano è andato sempre meglio anche se ho fatto pochissima attività internazionale, soprattutto a causa di un infortunio che mi ha fatto smettere per circa un anno e mezzo a cavallo tra i 16 ed i 17 anni. Poi ho iniziato con la trafila dei satellite e i tornei Futures”.
A tal proposito quali sono i ricordi legati ai primi anni di carriera? Era decisamente un mondo diverso rispetto ad ora
“Anzitutto giravi i tornei da solo, in compagnia con gli altri atleti. Non potevi permetterti nessun allenatore. La differenza principale rispetto ad ora è la componente del divertimento. Poi a 19-20 anni devi capire se puoi spingerti oltre. Per fortuna a me è andata bene”.
[the_ad id=”248876″]
Daniele Giorgini ci ha raccontato un aneddoto particolarmente divertente che ti riguarda: esultando per una vittoria a Fifa avete distrutto una finestra dormendo al freddo tutta la notte…
“Nel gruppo dove mi allenavo eravamo circa 10 ragazzi. C’erano Giorgini, Aldi e tanti altri. In quell’occasione dormivamo in una casetta costruita da Zugarelli, era inverno e per cercare di non far entrare il vento dentro casa cercai di coprire il buco con un giubbotto. È stata una serata da panico, indimenticabile. Aldi dormì con guanti, cappelli e 7 piumoni addosso”.
Torniamo al tennis. L’anno del salto di qualità è il 2004. Qual è la prima immagine che ti viene in mente ripensando a quella stagione?
“È successo tutto all’improvviso. Arrivavo ancora una volta da un infortunio che mi costrinse fuori dal campo per due mesi. Il primo torneo dell’anno fu il Challenger di Sanremo, ero circa 250 del mondo e riuscii ad entrare in tabellone come ultimo slot. Vinsi quel torneo senza perdere alcun set e giocando ad un ottimo livello. Da lì provai con le qualificazioni del Roland Garros, senza troppe aspettative. Nonostante ciò riuscii ad entrare in tabellone battendo giocatori veramente tosti come Marc Lopez, un osso duro a quei tempi”.
Dopo aver battuto Tursunov al primo turno del main draw, estrometti Grosjean con tutto il pubblico contro. Ricordi di quella partita?
“È stato un match incredibile. Io sono entrato in campo cercando di fare più game possibili, non ero ancora a conoscenza del mio livello quindi non pensavo di poter vincere. Mano mano vidi che il tipo di gioco di Grosjean non mi infastidiva più di tanto: vinsi tre set a zero, una grande soddisfazione”.
Nel terzo turno affronti Safin: un match incredibile, tra l’altro sospeso. C’è ancora del rammarico?
“Quella partita ancora mi fa male. È stato un incontro lunghissimo, ho avuto due match point con il servizio quindi è normale che ci sia qualche rimpianto. In uno di questi feci serve and volley, misi la prima ma mi venne chiamato foot fault. Persi quello ed il punto successivo, prima che Safin interruppe il match chiamando medical time out per un problema con le vesciche, nonostante non fosse consentito. Purtroppo lì iniziai a pensare troppo, alla partita e a quello che sarebbe potuto succedere”.
Dopo il Roland Garros vinci anche a Sassuolo, entri come lucky loser a Wimbledon fino ad arrivare al trionfo di San Marino, con il quale coroni l’ingresso in Top 100.
“È stata una scalata piuttosto repentina. Da 260 sono passato ad 80 in circa due mesi e mezzo, ottenendo ottimi risultati come la semifinale a Gstaad partendo dalle qualificazioni. Persi contro Federer vincendo un set, ero in fiducia e giocai un match alla pari. Questo è decisamente un bel ricordo, tra l’altro impreziosito da un aneddoto che ho raccontato recentemente ad alcuni amici. Prima di scendere in campo Roger si avvicinò negli spogliatoi per parlarmi: nonostante non fossi preparatissimo con l’inglese, riuscii a capire che mi voleva presentare la madre. Mi fece complimenti sul mio gioco oltre a dirmi che avevo un nome piuttosto strano. Per me era un sogno, ora invece con Roger ho un buon rapporto, a volte ci sentiamo. Sono contento di aver giocato probabilmente nell’era migliore di sempre”.
Non possiamo non fare un salto nella tua bellissima storia in Davis. Hai vinto 15 partite su 16 in singolare, 21 vinte e 6 perse considerando i doppi. Quali sono le partite che ricordi con maggior piacere?
“All’esordio ero molto emozionato. Giocai un buon match, contro un avversario inferiore ma pur sempre ostico considerando la competizione. In singolare ho perso solo contro Federer, mentre ricordo una partita molto dura vinta contro Haase sul veloce indoor, dove lui era certamente favorito. Ho bei ricordi anche del match disputato a Cagliari contro contro Hrbaty, un giocatore durissimo da battere su ogni superficie. L’incontro che vorrei rigiocare è sicuramente quello perso con Bolelli in Svezia contro Aspelin-Lindstedt : eravamo due set a 0 avanti, se avessimo vinto saremmo tornati in Serie A”.
Leonardo Azzaro ci ha raccontato un altro aneddoto particolarmente divertente: in Germania, quando distruggesti una radio che faceva interferenza a suon di racchettate…
“Diciamo che eravamo un po’ matti. Eravamo a Wolfsburg per un Challenger, dormivamo nella stessa camera dove ogni notte venivamo disturbati dall’interferenza di una radio. Una notte, due notti, tre notti…non ho retto più. Tra l’altro ero nervoso perché avevo perso la mia partita, non riuscivo a dormire e così decisi che quella radio dovesse smetterla di disturbarci. Dopo due/tre settimane ci arrivò una multa di 300 euro da parte dell’Atp con una sospensione di ospitalità per quattro settimane. Perlomeno abbiamo dormito alla grande”.
Tornando al tennis, tu hai avuto la fortuna di giocare con tutti i Fab 4. Chi è che ti dava più fastidio?
“Sicuramente Roger. Mi toglieva il tempo e non mi dava modo di esprimere il mio gioco. Con Nadal invece riuscivo a fare più partita, nonostante poi abbia sempre perso il suo stile non mi dava così fastidio.
Con Murray persi una gran partita al Roland Garros: dopo aver perso primo set, riuscii a salire 6-2 5-1. Fossi riuscito a portare a casa quel parziale sarebbe decisamente cambiata la partita”.
Nonostante i tanti infortuni, sei sempre stato vicino ai primi 100 giocatori del mondo. In termini di prevenzione e di preparazione pensi di non aver trovato la chiave giusta?
“Probabilmente sì. Fin da piccolo soffro di una spondilite anchilosante, è una malattia reumatica che mi ha limitato non poco. Ho lavorato tanto ma quando c’è un problema del genere è difficile prevenire e non infortunarsi. Alcuni reumatologi erano stupiti nel vedermi giocare a tennis con questo tipo di patologia. Sicuramente lo sport mi ha aiutato molto sotto questo aspetto”.
Nel 2008 a Buenos Aires sei stato protagonista di un episodio con Maradona nel match contro Nalbandian. Puoi raccontarci com’è andata?
“È stato un episodio strano. Ricordo che giocai i quarti contro Nalbandian, numero 1 d’argentina. Eravamo 4-3 al primo quando vidi arrivare Maradona, mio idolo da sempre. Dopo un game il match venne interrotto per pioggia, così una volta entrato negli spogliatoi informai tutti i miei amici che a vedermi era venuto Diego. Ripreso il match, dopo essere passato avanti di un set e di un break, cominciò ad insultarmi pesantemente. All’inizio lasciai passare, ma dopo aver perso il secondo vidi nero e decisi di andare dall’arbitro a dirgli: “O lo cacci, o me ne vado io”. Maradona nonostante tutto continuò, persi quel match e andai via senza nemmeno fare la conferenza stampa. Passato un po’ di tempo ci chiarimmo, mi spedì la maglietta autografata che ho ancora qui in casa”.
Capitolo Foro Italico. I ricordi a cui sei più affezionato?
“Parto dall’esordio, dove vinsi contro Moya che aveva vinto nel 2004. In generale ho sempre giocato bene, sono riuscito ad arrivare due volte in ottavi prendendo due partite piuttosto lottate. Ricordo con piacere i match vinti contro Dolgopolov, Troicki, Ferrero, ma anche la sconfitta 7-5 al terzo contro Davidenko nel 2007”.
Per quanto riguarda l’attualità, stai ancora aspettando il giudizio del Tas. Nonostante il processo in Italia che ti assolse, sei ancora in attesa di capire la tua sorte
“Sì, sono passati quasi 6 anni e ben 4 assoluzioni. Avevo chiesto anche all’ATP di farmi un processo, solo che loro si sono costituiti parte civile al processo penale, dove tra l’altro sono stato assolto. Dopo 5 anni, si sono inventati un altro processo, andando oltre la giustizia sportiva italiana e la giustizia penale. Una cosa gravissima. Io ho smesso di giocare a tennis per questo motivo: nonostante fossi in là con gli anni, sicuramente in doppio avrei avuto una carriera più longeva. È un percorso che sembra non finire mai: prima un appello è stato annullato a causa della morte di un giudice, ora il coronavirus ha nuovamente rimandato tutto. Sto vivendo un incubo ma aspetto, comunque fiducioso nella giustizia”.
Anche perché così potresti iniziare la carriera da coach che al momento ti è negata…
“Sicuramente, ho avuto tante richieste ma ho dovuto sempre rimandare. Sono stati 6 anni durissimi, vissuti da innocente. Ho le spalle larghe, spero finirà presto perché è passato fin troppo tempo”.
[the_ad id=”668943″]
[the_ad id=”676180″]