Da Porto Torres alla conquista degli Us Open: la favola di Antonio Zucca, 28enne ex giocatore Atp ed attuale coach della Siegemund, si è trasformata in realtà nella giornata di ieri con la seconda affermazione Slam della “sua” Laura. Dopo aver ottenuto, sempre a New York, il titolo nel doppio misto insieme a Mate Pavić, in coppia con Vera Zvonareva la tedesca ha alzato in cielo il trofeo di Flushing Meadows, regolando in finale il duo composto da Melichar/Xu con un duplice 6-4. Un trionfo insperato, che porta sul gradino più alto del podio anche un pizzico d’Italia, e che suggella una collaborazione che sia dentro che fuori dal campo sta proseguendo per il meglio.
“Ad essere sinceri – ha esordito Zucca in esclusiva ai microfoni di Sportface – non abbiamo mai pensato di vincere il torneo. Piano piano però si sono create delle circostanze che lasciavano presagire a qualcosa di importante: ad esempio Laura e Vera sono state le ultime ad entrare di diritto nell’entry list. Credo non sia mai successo che l’ultima coppia del tabellone riuscisse a portare a casa uno Slam”. Il cammino delle due è iniziato con un roboante 6-3 6-0 ai danni di Krawczyk/Guarachi, due ottime doppiste che ricoprono rispettivamente la posizione 34 e 42 della classifica mondiale di specialità.
“Dopo l’esordio – ha proseguito il coach sardo – il match contro Azarenka/Kenin non è stato dei migliori, anche perché Victoria era abbastanza provata dal match di singolare. La svolta è arrivata con Mertens/Sabalenka, la seconda coppia favorita del torneo: da lì abbiamo preso coscienza di quello che potevamo fare”. Il percorso è proseguito con il successo ai danni di Blinkova/Kudermetova, a detta di Zucca il match simbolo della competizione: “La vittoria in rimonta contro le russe è stata un’ulteriore iniezione di fiducia. È stato un match pazzesco, forse la vera finale del torneo. Siamo riusciti a portare a casa la partita grazie all’esperienza sicuramente superiore rispetto alle avversarie. La finale contro Melichar/Xu è stata relativamente più semplice, una partita preparata alla perfezione sin dall’inizio: abbiamo studiato le avversarie, notando che spesso e volentieri entravano con le volée incrociandosi con gli spostamenti. Il 6-4 6-4 finale poteva tranquillamente essere un 6-1 6-2, ma siamo comunque felicissimi di aver portato a casa un trofeo così prestigioso”
Un’impresa resa ancor più speciale dalle condizioni quantomai inusuali che giocatrici, staff e addetti ai lavori hanno dovuto affrontare per via delle ormai note restrizioni messe in atto dalle autorità per prevenire la diffusione del virus: “Siamo stati quasi un mese nella cosiddetta bolla newyorchese. Devo fare i complimenti all’organizzazione, era veramente impossibile fare di meglio. L’accoglienza è stata delle migliori, anche per quanto riguarda le attività extra campo e la logistica degli alloggi. Il pubblico è sicuramente mancato, ma c’è da dire che per la specialità del doppio le cose cambiano poco, in quanto anche con affluenza regolare ci sono pochissime persone ad assistere ai match. Personalmente non ho trovato aspetti negativi a livello organizzativo, anche se spero sia la prima e l’ultima volta che un torneo si disputi in questa maniera”.