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Il Masters 1000 di Cincinnati ha stupito e fatto divertire anche quest’anno gli appassionati, regalando spettacolo e consentendo a giocatori sfavoriti alla vigilia di ottenere vittorie importanti. Agli ottavi sono arrivate solo sette teste di serie su sedici. Abbiamo seguito Mannarino e Purcell ai quarti, ritrovato Hurkacz e visto confermarsi Zverev. Alla fine, però, in finale ci sono sempre loro: il numero uno e il numero due al mondo, Carlos Alcaraz e Novak Djokovic. Sarà la prima sfida tra i due fuoriclasse sul veloce, la terza nel 2023 e la quarta di sempre sul circuito. Soprattutto, si troveranno di fronte a distanza di poco più di un mese dalla meravigliosa finale di Wimbledon in cui lo spagnolo ha detronizzato il campione serbo, che ora vorrà prendersi la propria rivincita. Djokovic non vince il torneo dal 2020, mentre Alcaraz aveva raggiunto i quarti lo scorso anno. Sarà un quarto atto di una sfida che è, ad oggi, la migliore che il tennis possa offrire, con lo US Open all’orizzonte.
Il cammino dei finalisti
Carlos Alcaraz ha affrontato il torneo di Cincinnati con la voglia di riprendersi dopo la sconfitta ai quarti di Toronto contro Tommy Paul. Lo spagnolo, sulla carta, non ha affrontato un percorso impossibile verso la finale, ma le partite si sono rivelate tutte più insidiose del previsto. Nei match contro Thompson, Paul, Purcell e Hurkacz, Alcaraz ha sempre perso un set, cosa mai accaduta nei tornei in cui ha raggiunto la finale prima di oggi. Sono state partite complesse, soprattutto quelle con Paul e Hurkacz: la prima, contro la bestia nera di Carlitos nel circuito, è stata interrotta a lungo causa pioggia e ha visto lo spagnolo concedere a zero il tie-break del secondo set (l’ultima volta a New York contro Sinner lo scorso anno), mentre nella seconda il numero uno al mondo ha salvato un match point sul 4-5 del secondo parziale e ha vinto l’incontro alla distanza, offrendo l’ennesima prestazione di grande maturità. Si tratta per il ventenne dell’ottava finale dell’anno, con un bilancio di 6-1 (unica sconfitta contro Norrie a Rio), e un eventuale titolo lo porterebbe ad essere il secondo più giovane tennista a vincere il torneo dopo Becker nel 1985 a 17 anni.
Per Djokovic il percorso verso la finale ha un sapore opposto rispetto a quello del giovane rivale: il livello degli avversari affrontati sembrava poter essere più sfidante per il serbo, fermo ai box proprio dalla finale di Wimbledon. Davidovich Fokina, Monfils, Fritz e Zverev sono stati, invece, degli ostacoli solo relativamente complessi da superare per approdare all’ultimo atto del torneo. Nole è rimasto in campo in totale 5 ore e 13 minuti, contro le 10 ore e 23 minuti del suo avversario: non è un dettaglio da poco conto, considerando che nella semifinale di Parigi di qualche mese fa lo spagnolo fu fermato dai crampi che gli impedirono di muoversi per gran parte dell’incontro. Sarà un test importante per Nole in vista dello US Open, e il serbo affronterà l’unico giocatore in grado di metterlo veramente in difficoltà in questo momento.
New York calling
New York calling, travisando i The Clash. Londra, città protagonista del celebre brano della band britannica, ha già chiamato e a rispondere presente è stato Alcaraz. Ora o, meglio, tra pochi giorni, sarà il momento dello US Open. Nello Slam a stelle e strisce lo spagnolo sarà chiamato a difendere il titolo dagli attacchi di una serie di pretendenti guidati, ovviamente, proprio da Djokovic. Siamo di fronte a uno scontro generazionale: un giocatore apparentemente imbattibile da molti anni a questa parte contro il giocatore che promette di dominare il futuro di uno sport che non sembra più in grado di offrire le certezze dell’ultimo ventennio. A Cincinnati sarà ancora il duello tra i primi due al mondo a decidere quale generazione avrà la meglio, con Flushing Meadows come obiettivo e la consapevolezza che questa sfida ci dirà tanto sull’ultimo Major dell’anno. “Now war is declared and battle come down”, cantano i The Clash…e in campo ci si prepara ad una vera battaglia.
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