Il tennis dà, il tennis toglie. Lo sa bene Dominic Thiem, che a Vienna giocherà l’ultimo torneo della sua carriera, ritirandosi a soli 31 anni. Nella carriera dell’austriaco, in maniera più marcata rispetto alle altre, c’è chiaramente un prima e un dopo. Il momento in questione, più precisamente il torneo, è lo US Open 2020, il primo Slam disputato dopo lo stop per la pandemia. Sicuramente l’infortunio di Nadal e la squalifica di Djokovic hanno un peso specifico non indifferente, così come l’harakiri di Zverev in finale; fatto sta che a trionfare è proprio Dominic, capace di conquistare il primo Major in carriera, diventando il primo giocatore della sua generazione (quelli nati negli anni 90′) a farcela.
Quel titolo, arrivato dopo tre finali Slam perse e circa un lustro nelle posizioni di vertice del tennis mondiale, sembra potergli conferire una nuova dimensione e consacrarlo definitivamente, invece è l’inizio della fine. Basti pensare, banalmente, che quello è e rimarrà (salvo miracoli sportivi a Vienna) l’ultimo trofeo conquistato in carriera. Se fino a quel momento Thiem non aveva mai saltato uno Slam, nei due anni seguenti ne può giocare appena la metà (4 su 8).
Proprio gli infortuni sono una costante della seconda – breve – parte della sua carriera. In particolare, è il polso destro a causargli numerosi problemi e a impedirgli di ripetere quanto fatto negli anni precedenti. Thiem entra dunque in una spirale negativa, in un tunnel buio senza via d’uscita né luce alla fine. L’unico acuto è una finale raggiunta nel torneo di casa, a Kitzbuhel, nel 2023, ma ovviamente non basta per convincerlo ad andare avanti. Non a caso, nel 2024 arriva l’annuncio del ritiro a fine anno.
Rispetto ad altri giocatori che hanno dovuto fare i conti con problemi fisici per tutta la carriera – il primo che viene in mente è Juan Martin Del Potro -, quanto accaduto a Thiem è diverso e molto più brutale. Da essere uno dei migliori al mondo, con un dritto potente e un rovescio che generava una potenza clamorosa, passa infatti a essere uno dei tanti, costretto da un momento all’altro a snaturarsi e a modificare il suo gioco per compensare un fisico che improvvisamente smette di assisterlo. Un dramma sportivo di fronte al quale Thiem è il primo ad essere consapevole di poter fare ben poco. E, come accaduto – seppur con le dovute differenze del caso, specialmente in termini di longevità – al collega Andy Murray, l’unica soluzione è quella di appendere la racchetta al chiodo.
Parlare solo di infortuni però non sarebbe corretto nei confronti di Thiem, che ha avuto una carriera straordinaria, seppur breve, e per svariate stagioni è stato uno dei migliori giocatori del pianeta. Come tanti altri, ha la sfortuna di capitare nell’era di Novak Djokovic e Rafa Nadal, che lo privano di tre Slam (2 Roland Garros e un Australian Open) e contro cui perde un totale di 5 finali. Tra i 17 titoli conquistati, spiccano però il Masters 1000 di Indian Wells nel 2019 (anno in cui vince ben cinque titoli, compresi 3 Atp 500) e ovviamente lo US Open, in quella che rimane una delle finali più brutte degli ultimi anni ma anche più in bilico visto che si decide al tie-break del quinto set, con l’austriaco capace di rimontare uno svantaggio di due set.
Volendo trovare dei rimpianti, invece, ce ne sono due in particolare. Thiem non riesce infatti a vincere un “grande titolo” sulla terra rossa, ovvero la sua superficie migliore, perdendo tutte e quattro le finali (due al Roland Garros e due a Madrid). Inoltre, non è mai in grado di trionfare alle Atp Finals, nonostante due finali raggiunte (nel 2019 e nel 2020), perse entrambe in tre set lottati, rispettivamente contro Tsitsipas e Djokovic. Tutti questi risultati conteranno relativamente quando oggi scenderà in campo sul Center Court a Vienna, davanti alla sua gente, dove sfiderà l’azzurro Luciano Darderi in quello che potrebbe essere l’ultimo match della sua carriera.
Il ritiro di Thiem farà male al mondo del tennis, specialmente perché arriva così presto, ma l’austriaco verrà ricordato per quello che ha fatto e i suoi insegnamenti saranno preziosi per le nuove generazioni. “Pensavo che vincere uno Slam mi avrebbe cambiato la vita e mi avrebbe reso felice per sempre, ma non è così. La verità è che non è cambiato nulla. E onestamente, se tra 20 anni sarò ancora qui, a nessuno importerà se sarò un campione del Grande Slam o no. È molto bello avere quel trofeo a casa, ma alla fine è solo un trofeo; non dovrebbe fare la differenza nella vita” ha dichiarato in un’intervista.
“Vorrei essere ricordato come un giocatore corretto e gentile, ma anche come qualcuno di divertente da guardare giocare. Ma soprattutto spero di essere stato un’ispirazione per molti bambini. Il consiglio che do ai più giovani è quello di godersi il percorso. Perché quando subentra la pressione diventa più difficile giocare solo per il gusto di farlo” ha concluso. Che dire se non Danke Dominic!