Il caso più famoso fu il “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, pronunciato da Giovanni Trapattoni in una conferenza stampa che negli anni ha assunto connotati ai limiti del mitologico. Nonostante possa sembrare riduttivo e semplicistico, il ricorso alla saggezza popolare è un modo chiaro e diretto per riassumere quello che si vuole dire, e da quel giorno ha trovato sempre più seguaci. Per chi è sempre stato attratto dalla semplicità e genuinità dei proverbi (nonostante talvolta possano arrivare a sembrare contraddittori tra loro), viene quasi automatico dire che, pensando a quanto sta facendo Dominic Thiem, “due indizi sono una coincidenza ma tre fanno una prova”.
Quanto mostrato in questo mese di febbraio dal giovane austriaco infatti, non lascia più dubbi sul fatto che il circuito abbia trovato un nuovo grande protagonista. Le potenzialità di questo ragazzo erano note da tempo, ed i tre titoli ottenuti lo scorso anno avevano confermato come fosse solo questione di tempo prima di vederlo esplodere. I più critici potranno obiettare che anche in questo caso si trattava di titoli “minori”, e che dovrà confermarsi nei 1000 e negli Slam, ma pur concordando sul fatto che ora servono acuti ancor più importanti, queste vittorie hanno uno spessore indubbiamente diverso. La prima discriminante è data dal fatto che, a prescindere dal fatto che Acapulco sia un “500”, non è da tutti vincere 13 partite su 14 in venti giorni cambiando condizioni di gioco, vincendo due finali dopo match tiratissimi e battendo tra gli altri anche Rafael Nadal e David Ferrer. Solo i grandi campioni riescono a tenere alto il livello con questa continuità nonostante la fatica ed un cambio di superficie in pochi giorni. Un altro segnale molto importante è arrivato dalla sua maturità e tenuta mentale nel corso della partita.
Escludendo il fisiologico “crollo” contro Guido Pella a Rio, negli altri match, nonostante alcuni passaggi a vuoto, non ha mai perso lucidità e tranquillità riuscendo a risolvere le sfide sempre in suo favore. È indubbio che contro i primissimi certe pause andrebbero praticamente cancellate, ma questa sua forza mentale lascia pensare che ci siano margini per un ulteriore salto di qualità. Dotato di un fisico perfetto per il tennis moderno e di un gioco altrettanto completo, le uniche perplessità erano date dal fatto che la sua posizione in campo e le aperture molto ampie potessero limitarlo sulle superfici più rapide. Come detto serviranno riscontri più importanti, ma il titolo sul cemento messicano fa ben sperare anche a questo riguardo.
Soprattutto indoor e su erba dovrà sicuramente trovare soluzioni diverse in risposta e non affidarsi solo al suo kick devastante di servizio. Dovrà cercare di spostare ancora un po’ in avanti ulteriormente il suo baricentro, in modo da fare ancora più male coi fondamentali e da essere meno vulnerabile contro chi usa molto bene gli angoli. Il paragone con il primo Nadal è al momento ai limiti del blasfemo sportivamente parlando, ma deve solo far pensare che se ci sono volontà e qualità, e a Thiem non mancano, si può migliorare esponenzialmente in qualsiasi condizione di gioco. Sul cemento americano potrebbe pagare la fatica di questo tour de force e le grandi aspettative che sono ora riposte su di lui, ma la sensazione è che finalmente ci siano un paio di giovani (l’altro che ha ben figurato ultimamente è Nick Kyrgios) pronti in tempi relativamente brevi ad impensierire i soliti noti in vetta al ranking.