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“Nessun torneo è al completo senza avere il miglior giocatore del mondo”. Così ha sintetizzato l’australiano Nick Kyrgios per accogliere il ritorno sul suolo oceanico di Novak Djokovic, che inizierà la stagione 2023 dal torneo ATP 250 di Adelaide 1 prima d’immergersi in una nuova personale missione: conquistare il decimo Australian Open e raggiungere in vetta Rafael Nadal a quota ventidue Slam vinti in carriera. Un progetto difficilmente immaginabile se si ripensa per un attimo a quanto successo poco meno di un anno fa. Lo scorso gennaio, infatti, il serbo si ritrovò al centro di una battaglia senza precedenti con il governo australiano a causa delle note vicissitudini relative al vaccino contro il Covid-19.
Una querelle a suo modo unica e senza fine, iniziata con un’esenzione medica per accedere al Melbourne Park da non vaccinato e proseguita in maniera grottesca. Fermato dall’Ufficio Immigrazione, Djokovic aveva trascorso alcuni giorni in un hotel per rifugiati prima di essere espulso, con un divieto di tre anni di entrare nel Paese. Mediaticamente fu un massacro per Nole: ‘criminale’, ‘terrorista’, ‘bandito’, questi alcuni degli epiteti decisamente poco amichevoli riservatigli da stampa ed appassionati di tutto il mondo. In tutto questo marasma, il suo volto ha coinciso per settimane con quello della Serbia stessa, un popolo in tumulto per restituire la libertà ad un martire. Adesso, tuttavia, i paragoni tra Djokovic, Gesù e Spartaco, quelli esagerati fatti da papà Srdjan a suo tempo, sono per fortuna solamente un lontano ricordo.
Andrew Giles, nuovo Ministro dell’Immigrazione aussie, gli ha infatti concesso un nuovo visto, cancellando l’interdizione di tre anni che Nole avrebbe dovuto scontare. Un’altra vittoria, un’altra battaglia portata a casa dall’ex numero uno del mondo, attualmente relegato al quinto posto del ranking per via dei tanti appuntamenti saltati, non per sua volontà, durante la scorsa stagione. C’è poco da dire. Anche se la classifica non lo certifica, sarà lui il principale favorito per trionfare nello Slam australiano così come, molto probabilmente, in tutti gli eventi a cui prenderà parte nel 2023. Nonostante i suoi trentacinque anni, infatti, la sua ossessione per i titoli ed i record appare immutata, se possibile aumentata dopo un ultimo anno passato per la maggior parte a veder giocare i propri colleghi.
Questo non gli ha impedito d’imporre ugualmente la sua egemonia sul circuito nel 2022, anche a mezzo servizio. Con soli undici tornei disputati, Djokovic ha vinto sulla terra di Roma, ha trionfato sull’erba di Wimbledon e si è qualificato alle Finals di Torino, dove si è imposto come ‘Maestro’ eguagliando il record di sei successi di Roger Federer. Ce l’ha fatta portandosi dietro un danno d’immagine enorme in un’annata vissuta quasi da ‘sorvegliato speciale’ per via dei ‘fatti australiani’. Con il pubblico quasi sempre dalla parte del suo avversario ed i giornalisti pronti a vivisezionare ogni sua dichiarazione e coglierlo in fallo nelle varie apparizioni extra campo, la risposta di Nole è stata da campione, non solo sul terreno di gioco.
Per un tennista umorale come Djokovic, infatti, è difficile tenere a bada le sfuriate, le urla ed i gesti di stizza contro il proprio angolo ma ha cercato abilmente di limitarli. Ha viaggiato quasi sempre con sua moglie ed i due figli, un modo ulteriore per raggiungere quella serenità interiore che, almeno nella prima parte di stagione, faticava a trovare. Adesso il nuovo anno gli porta in dote la normalità, forse la cosa che, più di tutte, gli è mancata negli ultimi mesi. L’Australia è pronta ad accoglierlo nuovamente dopo l’esilio. Re Nole pronto lo è sempre stato. Lo era già in quella stanza dell’hotel per rifugiati dove, in cuor suo, stava già studiando il modo di tornare al Melbourne Park per imporre la sua legge, ancora una volta.
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