“Dopo quello che ha attraversato, ha capito che nella vita potrà sopravvivere a tutto: nulla può più fargli paura. Due Slam, la stagione chiusa da n.1: Jannik è d’ispirazione anche per me, che pure sono un coach navigato. Tutti parlano del team che lo circonda, quanto siamo importanti per lui. Ma è vero anche il contrario: il leader è lui, è lui che traccia la via”. Parole di una certa rilevanza, quelle che Darren Cahill, supercoach di Jannik Sinner, pronuncia in un’intervista al Corriere della Sera. “Jannik arriva a Torino da un anno bellissimo, pieno di lezioni da imparare. Jannik si è dimostrato maturo e resiliente: non avrebbe vinto tanto, sennò, con i picchi di qualità assoluta che ha avuto. Si è comportato in un modo che non dimostra affatto i suoi 23 anni”, aggiunge l’allenatore australiano.
Inevitabile anche un pensiero sulla vicenda Clostebol che purtroppo ancora condiziona le giornate del numero uno al mondo e del suo team: “Certo la Wada ha fatto ricorso e dobbiamo attendere la sentenza del Tas. Ma l’ha detto la Wada stessa che la sostanza trovata nelle urine di Jannik non ha a che vedere con il doping che altera la performance. Non è in discussione la ricostruzione di come sia potuto risultare positivo: un errore di un paio di ex membri del team, senza alcuna responsabilità del giocatore. Ma Jannik va avanti a testa alta, intanto. Sappiamo che la squalifica è una possibilità ma non c’è nulla che noi si possa fare per cambiare questa situazione. Quindi ci concentriamo sul lavoro quotidiano. Qualsiasi cosa succederà, Jannik l’affronterà con la solita maturità e compostezza. E noi faremo di tutto per proteggerlo“.
Poi Cahill si sofferma anche su ciò che vediamo in campo: “Il più grande talento di Jannik Sinner è l’abilità di processare informazioni e trasformarle in azioni. La capacità di imparare in fretta. Ci sono giocatori conservativi, che non amano cambiare il proprio tennis per la paura di fare passi indietro. Jannik è l’opposto: non teme di perdere un paio di match nel tentativo di implementare il suo gioco. In questo ambiente è raro. Il suo superpotere è non aver timore di migliorarsi. Oggi sa giocare in 5-6 modi diversi, sa chiudere il punto col servizio, a rete, giocando sulla riga e dietro la riga, sa usare il drop shot, lo slice, il back. Non sa solo picchiare forte: lo sa fare con intelligenza”
Intanto si pensa già al 2025: “Cambieremo qualcosina nella programmazione. Il passaggio Miami-terra quest’anno è stato troppo brusco, lo prepareremo meglio, anche per non rischiare infortuni. Tutto continuerà a ruotare intorno agli Slam. L’Atp non ci facilita la vita allungando i Master 1000: alcuni durano due settimane. Così non è facile riposarsi: faremo delle scelte. Jannik deve anche completare la crescita fisica. C’è da dire che si fida molto di me e Simone Vagnozzi”. E infine un accenno all’esibizione in Arabia Saudita: “Quando Jannik ha detto che non è andato a Riyadh per soldi, è stato frainteso. O forse non si è spiegato bene. La verità è che non aveva mai giocato un’esibizione: si è sempre concentrato sul miglioramento del suo tennis. Conosce le sue priorità. Poi è arrivata un’offerta da Six Kings Slam, con i migliori sei del mondo e molto denaro. Ci siamo consultati come team: perché no? E ha accettato”.