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Lorenzo Sonego è sempre stato un combattente, un lottatore indomito, da quando a Torino cominciò con il maestro Aquilante a tirare palline con una racchetta. Giocava a calcio ed era anche bravino, e quelle partite di pallone gli sarebbero servite così tanto per far dire a Gipo Arbino, il tecnico che lo avrebbe reso un tennista, che il ragazzino aveva la stoffa giusta. Il coach piemontese Arbino, anche amico di famiglia, lo prese per mano, lo plasmò, e nel corso degli anni ha aggiunto sempre qualche freccia in più alla faretra di Lorenzo. Il bimbo magrolino di 10 anni che correva e prendeva tutte le palle che il maestro gli lanciava rimandandole di là con tecnica approssimata, ora non c’è più. Ora c’è un ragazzo che sta mettendo su anche un filo di muscoli, che continua a giocare con istinto, avendo però assimilato gli schemi e l’ordine di gioco del suo sapiente Maestro. Gipo ha fatto un gran lavoro, bisogna dirlo. Lorenzo non ha avuto un passato da Junior, proprio niente, girava gli Open come molti ragazzi che non faranno mai i tennisti nella vita, e lo faceva ad una età in cui altri sono già a Wimbledon o all’Eddie Herr presso l’Accademia di Bollettieri. Niente di tutto questo, Gipo ha pensato a far crescere il ragazzo a piccoli step, un po’ quello che ha fatto anche Paolo Cannova con Caruso, poi è stata brava anche la FIT con Umberto Rianna e Giancarlo Palumbo a vederci lungo e ad investire risorse economiche, strutturali e soprattutto le capacità professionali e umane necessarie allo sviluppo a 360 gradi del giocatore. Ora tutti monteranno sul carro del vincitore ma solo nel 2015 c’era tanta gente che vedeva “Sonny” come un grande combattente, uno che non molla mai, e stop. Arbino soprattutto, con l’ausilio di Rianna, ha fatto il miracolo. Lorenzo ha un gran talento, e badate bene, non mi riferisco al tennis. Sarebbe facile dire che vince le partite perché sa lottare, è piuttosto ovvio. Ma la domanda è: perché lotta così tanto? Perché davvero è “cuore Toro” (è granata fino al midollo)? La risposta è che ha un indole da ragazzino, non soffre la pressione perché è capace ancora a divertirsi prima di giocare. Poi ovviamente è un uomo come tutti noi, e quindi è capitato anche a lui (ad esempio dopo qualche buon risultato lo scorso anno) di soffrire un po’ le attenzioni e le aspettative fuori dal campo.
Non dimenticherò mai un episodio durante un Challenger: era un martedì, e diversi ragazzi dovevano esordire in quel torneo, ma gli incontri erano ritardati per pioggia. C’era gente esperta, Berloq, Gastao Elias, Robin Haase, tutti top 100. I più giovani erano tesi, giochicchiavano col telefono per scacciare la tensione dell’attesa, qualcuno camminava su e giù scrutando il cielo, altri sbuffavano sui divanetti della player lounge. La tensione, soprattutto per chi era stato dotato di wild card, c’era. Sonny no, gli si leggeva chiaro in viso che si stava godendo una delle sue prime partite a livello Challenger. Gli piaceva stare lì in mezzo, con gente forte e già avvezza, e si godeva il momento. Quel giorno perse l’incontro, come capitò agli altri giovanotti che si stavano affacciando a livelli altissimi, ma la sua delusione durò 10 minuti, e fino all’ultima palla, anche sotto 2-5, scoccò ogni sua freccia. A quel tempo erano poco appuntite.
Oggi, con la vittoria al Challenger di Genova (150mila$+H, terra), in finale su Dustin Brown, direi che le frecce di Lorenzo Sonego sono dure e avvelenate. Il Challenger di Genova per diversi anni è stato il migliore torneo della sua categoria al mondo, e non ha perso il suo fascino: Lorenzo Sonego, da testa di serie numero 8, ha subito sconfitto nettamente il francese Robert, per poi faticare col russo Vatutin battuto 7-5 al terzo set. L’impresa vera è stata fatta col fortissimo polacco Hurkacz con una partita durissima conclusa solo al tie break finale in un match drammatico, che gli è valsa la semifinale e un incontro da sfavorito contro l’argentino Delbonis. Anche qui il braccio non ha tremato, fatto fuori in 2 set il davisman albiceleste e trionfo in finale contro il giamaicano/tedesco Dustin Brown, asfaltato letteralmente, con un tripudio di tifo indiavolato dei genovesi. In ripresa l’ascolano Travaglia che ha raggiunto i quarti di finale.
A Chicago (150mila$+H, Hard) ha vinto l’uzbeko Denis Istomin con Andreas Seppi eliminato al primo turno. A Siviglia (75mila$+H, terra) l’ex numero uno del mondo a livello Juniores Kimmer Coppejans torna a vincere un Challenger dopo 2 anni e si rilancia così in top 200. A Cassis in Francia (75mila$, Hard) trionfa il padrone di casa Couacaud nel derby in finale con Hugo Humbert, sempre più convincente. In Cina a Zhangjiagang (50mila$+H, hard) il giapponese Uchiyama conquista il terzo Challenger della sua carriera a 26 anni.
FUTURES.
Albano Olivetti, il gigante francese col servizio bomba e poca mobilità conquista il Futures col montepremi più alto della settimana (Francia, 25mila$+H, Hard), mentre nel Futures di Trieste (25mila$,terra) vince un po’ a sorpresa l’olandese Brouwer che entra così in top 400 ATP. Miglior azzurro Davide Galoppini arrivato ai quarti di finale. Claudio Fortuna continua il suo momento d’oro e arriva fino in finale in Romania e a 28 anni il mancino che si allena da Gorietti a Foligno sta trovando una seconda giovinezza.