Il Tas di Losanna ha assolto una giocatrice canadese di curling, Briane Harris, che era a processo per una vicenda di doping non troppo distante da quella in cui si trova suo malgrado coinvolto Jannik Sinner. I giudici del tribunale arbitrale dello sport hanno infatti giudicato minima la concentrazione di sostanza proibita che aveva causato la positività della giocatrice dello sport del ghiaccio. E si tratta, appunto, di una decisione che può senz’altro far ben sperare i tifosi di Jannik Sinner e lo stesso giocatore altoatesino, pronto a giocare giovedì mattina nel secondo turno degli Australian Open e assolutamente concentrato sul primo Slam dell’anno, in cui difende lo status di campione in carica.
Ma torniamo al caso legato alla Harris. A febbraio scorso, la giocatrice era squalificata per quattro anni per positività alla sostanza Ligandrol, utilizzata – da chi la assume in modo fraudolento – per incrementare la crescita muscolare. Si tratta di una sostanza illecita e vietata dalla Wada. Anche nel suo caso, proprio come nei controlli a cui è risultato positivo Sinner, la concentrazione trovata nelle analisi era minima. La tesi difensiva della Harris era quella della contaminazione accidentale durante i rapporti intimi con il marito. Sarebbe stato proprio lui ad aver assunto la sostanza, il tutto senza che lei ne fosse a conoscenza.
Secondo quanto riferiscono i media canadesi, il Tas, l’ha assolta e ha annullato con effetto immediato la sua squalifica pluriennale in quanto la giocatrice è stata riconosciuta come “non colpevole e non negligente”. Due parole chiave anche nel caso del fenomenale azzurro del tennis: l’assenza di colpevolezza o negligenza è proprio il presupposto che ha portato all’assoluzione in primo grado di Sinner da parte dei giudici del tribunale indipendente dell’ITIA.
AD APRILE L’UDIENZA DI SINNER AL TAS
Ed è sempre su questi temi e su queste sfumature che l’agenzia mondiale antidoping, la WADA, ha presentato un ricorso al Tas. Sinner è risultato positivo in due occasioni al metabolita del Clostebol, presente in dosi minime: prima il 10 marzo durante il torneo di Indian Wells, quindi il 18 marzo. Nel primo frangente, la concentrazione era di 121 miliardesimi di grammo per millilitro (dato sceso a 86 una volta applicata la gravità specifica dell’urina), la seconda di 122 miliardesimi di grammo/millilitro (con correzione a 76 quando è stata applicata la gravità specifica canonica). Positività che diventa una e sola, perché la seconda è diretta conseguenza della prima assunzione. Si andrà presso il Tas, per l’udienza legata a Sinner, il 16 e 17 aprile.
Secondo la difesa, l’altoatesino ha fatto tutto il possibile per evitare che il preparatore atletico Umberto Ferrara passasse al fisioterapista Giacomo Naldi, entrambi poi licenziati, lo spray a base di Clostebol, risultato poi fatale per la contaminazione accidentale. La sostanza vietata infatti sarebbe a quel punto irrimediabilmente entrata nel corpo del fuoriclasse azzurro tramite un massaggio eseguito dal fisioterapista, che non aveva utilizzato i guanti per applicare la pomata. L’appello della Wada, qualora accolto dal Tas, potrebbe portare a uno stop di Sinner da uno a due anni per negligenza. Il collegio arbitrale si esprimerà a maggioranza: solitamente questo tipo di decisioni, inevitabilmente delicate, vengono prese a maggioranza, ma la decisione finale dipenderà dalle valutazioni dei tre arbitri e potrà essere preso anche a maggioranza. Per Sinner c’è dunque un alleato in più: la sentenza di Harris può fare giurisprudenza in tal senso e allineare il verdetto di aprile, ma ci sarà da attendere.