Andy Murray, che si è ritirato ufficialmente dal tennis alle Olimpiadi di Parigi 2024 in doppio con Daniel Evans, si è aggiunto al team di Novak Djokovic lo scorso dicembre e sarà presente all’Australian Open. Al momento la partnership dovrebbe durare solo dopo il primo Grande Slam di quest’anno, ma potrebbe essere estesa anche agli Slam successivi. A inizio settimana, dopo la prima vittoria nell’Atp 250 di Brisbane, poi vinto da Jiri Lehecka in finale con Reilly Opelka, il 24 volte campione Slam ha detto di essere in contatto regolare con Murray e di essere emozionato di averlo nel suo team a partire dagli Australian Open.
Alexander Bublik non sembra essere un fan della nuova collaborazione. Il kazako ha parlato di questo, e di tanti altri temi, in una lunga intervista rilasciata al sito web sportivo russo Match TV. “Credo che il ritorno di Murray sia un circo. Io preferirei abbandonare il mondo del tennis al massimo della mio livello, o quasi. Non sono come Nadal e quindi la mia eredità sarà decisamente più piccola, ma credo che gli addii così tardivi di Rafa ed Andy siano stati una vergogna. Anche i tifosi che li guardavano nei loro migliori momenti della carriera sono stati costretti a vederli giocare in quelle condizioni”.
Sulla collaborazione Murray-Djokovic
“Ora Murray è entrato nel team di Djokovic. Credo sia un tentativo fallimentare di tornare al passato. Spero che non sarà così anche per me negli ultimi anni della mia carriera. Magari giocherò tornei minori, ma voglio ritirarmi senza fare scene”, dice Bublik. Djokovic aveva parlato così qualche giorno fa del suo nuovo coach: “Murray ha una lettura del gioco eccezionale ed è uno dei giocatori migliori del panorama tennistico. Conosce alla perfezione i miei punti deboli e i miei punti forti. Porterà una ventata di aria fresca al mio gioco e sono sicuro che ne trarrà beneficio in campo e fuori, grazie alla sua mentalità”.
Sui test antidoping saltati
“Ho rischiato di essere sospeso dopo aver salta due controlli antidoping. Nel tennis si viene squalificati dopo aver saltato tre controlli, come è successo a Jenson Brooksby. La prima volta ho cambiato l’indirizzo di casa da Monaco e San Pietroburgo e non mi sono presentato ad un controllo. La seconda volta, invece, quando mi sono iscritto al 250 di Ginevra ho ricevuto una notifica dall’Atp per aver saltato un secondo test antidoping che dovevo svolgere durante il torneo in Svizzera, ma non essendo sicuro di disputarlo mi sono dimenticato di avvisare il personale antidoping della mia assenza. Se avessi ricevuto un altro avvertimento di controllo saltato sarei stato squalificato come Brooksby. Ho fatto ricorso per il secondo strike perché non avevo idea fino al giorno prima se avessi giocato il torneo di Ginevra, non avendo nemmeno firmato un contratto con il torneo. Se avessi ricevuto una squalifica la mia carriera sarebbe praticamente finita”.