Il Presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi, è stato recentemente intervistato presso il ‘Corriere dello Sport’. “Chissà cosa sarebbe successo se nel 2012, dopo il mio terzo mandato, fossimo stati obbligati a passare la mano. Che cosa ne sarebbe stato della curva di crescita del tennis italiano – si è chiesto Binaghi –? Come popolarità abbiamo raggiunto la Ferrari e talloniamo il calcio che ha comunque un tasso di crescita inferiore al nostro. In vent’anni la Federazione ha quadruplicato i tesserati,- dà lavoro a più di mille persone quando in passato non si arrivava a cento. Non voglio personalizzare. Ho solo rappresentato una nuova classe dirigente: noi, mediocri giocatori sul viale del tramonto, volevamo portare la federazione in un’altra dimensione, partendo dal basso, dando noi per primi l’esempio. Strada facendo siamo stati anche fortunati perché abbiamo incontrato ragazze straordinarie, il settore maschile è cresciuto, è nata la joint venture con Sport e Salute per gli Internazionali. E magari qualche buona idea l’abbiamo anche avuta”.
“Da tempo che si parla di imporre i tre mandati come limite presidenziale, ma con il passare del tempo c’è stata la necessità di proseguire nella gestione delle cose straordinarie, in senso positivo, che avevamo creato – ha proseguito Binaghi –. Tanto è vero che nei primi due mandati si è presentato un candidato di opposizione, successivamente neanche quello. Io sono favorevole al ricambio, ma il problema è che in Italia non esiste una scuola che formi nuovi dirigenti. Quando vent’anni fa sono arrivato, non sapevo neanche cosa fosse il CONI. Accorpare le federazioni?. Sarebbe necessario per risparmiare soldi pubblici che, in alcuni casi, coprono a malapena le spese: federazioni con meno di 100 società non riescono ad autofinanziarsi, fanno fatica anche a sostenere l’attività dei loro atleti migliori. L’esplosione del padel sarebbe stata impossibile se fosse rimasto come federazione autonoma”.
Binaghi, infine, afferma che una sua candidatura al CONI è “impossibile. La mia filosofia è esattamente opposta, nel bene e nel male. Dove io vedo bianco, il CONI vede nero. Io rappresento il tentativo di realizzare il sistema più efficiente possibile. Il mondo dello sport italiano è costruito al contrario: l’efficienza disturba”.