In ginocchio, in preda a una crisi respiratoria. Il ritiro di Dalila Jakupovic è l’immagine principe del primo turno di qualificazioni degli Australian Open 2020. L’aria irrespirabile di Melbourne, causata dagli incendi che stanno colpendo ormai da tempo la zona, è la vera protagonista odierna. Una giornata ricca di polemiche, nella quale il tennis è passato in secondo piano. “Ci dite di rimanere chiusi negli edifici ma lasciate così com’è l’ordine di gioco?”. In questo tweet Steve Darcis racchiude il pensiero di tutti i giocatori, molti dei quali hanno accusato problemi, più o meno seri, durante i match. Tra i tennisti che partecipano alle ‘quali’ di Melbourne circola una semplice retorica domanda. “Se oggi anziché le qualificazioni si fossero giocati i primi turni del tabellone principale, i big sarebbero scesi in campo? L’organizzazione avrebbe rimandato l’inizio del torneo?”.
La domanda è, appunto, retorica. E la risposta scontata. Sembra di poter dire con estrema certezza che Nadal, Federer e Djokovic mai sarebbero stati costretti a giocare in queste condizioni. L’organizzazione non lo avrebbe mai permesso. I giocatori delle qualificazioni sono stati trattati come professionisti di ‘Serie B’ e ciò è profondamente sbagliato. Non solo. Si è rivelato anche pericoloso. “Giulia nei primi giochi del suo match ha fatto tanta fatica – ci racconta da Melbourne Tommaso Iozzo, allenatore della Gatto-Monticone – aveva il respiro cortissimo e una sensazione di ‘blocco’ al petto. La situazione è stata davvero complicata per tutti”. Anche Martina Di Giuseppe, brava a rimontare la Osuigwe, ha raccontato di come la sua avversaria sia stata malissimo alla fine del secondo set sino a dover vomitare. Chi gestisce un torneo di tale rilevanza dovrebbe preoccuparsi per prima cosa della salute dei giocatori e della regolarità dei match. Una mancanza gravissima. Tutti erano a conoscenza del fatto che martedì e mercoledì sarebbe arrivata la pioggia, che avrebbe rallentato il programma ma, allo stesso tempo, migliorato sensibilmente le condizioni dell’aria. Bisognava aspettare, senza ‘se’ e senza ‘ma’.