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Che nottata/giornata di tennis a Melbourne. Otto ore di tennis, due semifinali di altissimo livello e un Australian Open sempre più italiano. Dopo la finale di doppio raggiunta da Bolelli/Vavassori, anche Jannik Sinner è approdato all’atto conclusivo del torneo, sconfiggendo per la prima volta in carriera in uno Slam Novak Djokovic. L’azzurro l’ha fatto da vero campione, dominando i primi due set e poi reagendo nel quarto dopo il match point sprecato nel tie-break del terzo. Sicuramente la pessima prestazione del serbo aiutato, ma stiamo pur sempre parlando di un giocatore che aveva sempre vinto in semifinale a Melbourne (10/10, stesso bilancio delle finali) e del numero uno al mondo. Poco è importato a Sinner, che ha seguito il suo piano fino alla fine ed ha conquistato il risultato più prestigioso della sua carriera. Emblematica la sua esultanza, molto contenuta perché “il torneo non è ancora finito“.
A prescindere da come andrà la finale, però, eccome se c’è da festeggiare per questa vittoria, la prima di sempre per un tennista azzurro contro il numero uno al mondo in un Major. La statistica che più spicca è però un’altra: 0 palle break concesse al giocatore più forte di tutti i tempi in risposta. Un’impresa riuscita a… nessuno a livello Slam. Escludendo il match di Wimbledon contro Berdych in cui Nole si ritirò dopo il primo set, negli altri 413 aveva sempre avuto almeno una palla break – persino nel ko per 6-0 6-2 6-1 contro Marat Safin nel 2005. Un altro segnale importante è il break decisivo nel quarto set, arrivato in un game in cui era sotto 40-0. Jannik non ha però mollato – non lo fa mai – ed è riuscito a strappare la battuta a Djokovic. Si potrebbe andare avanti all’infinito a parlare di Sinner, ma il rischio è che tra pochi giorni tutto sia dimenticato perché potrebbero arrivare nuove statistiche e record. Nel frattempo, tutto il tennis italiano si gode questo successo di grande prestigio. E’ inevitabile, però, che la mente sia già alla finale di domenica, dove potrebbe essere scritta ulteriormente la storia.
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Chi sarà l’avversario di Sinner nel match che vale il titolo? La risposta è Daniil Medvedev, o quel che ne rimane di lui dopo aver trascorso in campo quasi 21 ore nel corso del torneo. Dopo le maratone contro Ruusuvuori al secondo turno e Hurkacz ai quarti, il russo ha giocato altri 5 set in semifinale contro Alexander Zverev, rimontando uno svantaggio di 2-0 e imponendosi in rimonta dopo oltre 4 ore. Medvedev ha vinto un solo Slam in tutta la carriera, perciò a volte non viene preso troppo sul serio, tuttavia ha raggiunto la sua sesta finale Slam – tutte sul cemento – la terza negli ultimi quattro anni in Australia. Purtroppo per lui ha trovato Novak Djokovic, Rafa Nadal (contro cui però era avanti 2 set a 0) e ora Jannik Sinner, che in prospettiva gli è superiore. Sicuramente le tante energie spese durante queste settimane rischiano di pesare nell’atto conclusivo, ma il russo resta un giocatore estremamente insidioso e proverà a far valere la sua maggiore esperienza.
Come confermato dai bookmakers, sarà però Sinner a partire ampiamente favorito, sia per l’ottimo torneo che ha disputato che per il momento di forma proprio dallo scorso US Open in poi. Menzione a parte per i precedenti tra i due, con Medvedev che è avanti 6-3 ma ha perso le ultime tre sfide, tutte sul cemento (Pechino, Vienna e Torino). Non si può non parlare infine di Alexander Zverev, che nella sconfitta odierna ha evidenziato ancora una volta tutti i suoi limiti. Avanti 2 set a 0, è stato rimontato da un Medvedev esausto che però non ha mollato ed ha accolto con gioia i suoi tanti errori. Il tedesco ha da recriminare soprattutto nel secondo tie-break, dove era avanti 5-4 e servizio, ma anche nel parziale decisivo, dove è stato lui a regalare la vittoria a Medvedev, commettendo una serie di gravi errori nei momenti clou. Meglio per Sinner, che – dovendo scegliere – verosimilmente preferisce affrontare un avversario insidioso ma stanco e che ha già battuto spesso di recente. Zverev invece l’ha sconfitto lo scorso anno proprio in uno Slam, a Flushing Meadows, e possiede un servizio che rappresenta un’incognita, nel male ma anche nel bene (come si è visto contro Alcaraz).
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