[the_ad id=”10725″]
Riassumere una stagione tennistica in poche battute è davvero complesso. Sono molti gli aspetti dei quali bisognerebbe discutere, soprattutto se l’atleta di cui si parla è Roger Federer. Più facile potrebbe essere analizzare e riassumere gli ultimi 12 mesi attraverso dei flash. I migliori momenti e le partite più importanti racchiuse in poche righe. Andiamo quindi a rivivere la cavalcata dello svizzero fino alle ATP Finals di Londra di 2017, in quello che é stato un anno che difficilmente dimenticherà .
La battaglia di Melbourne Park: tutte le virtù della loro rivalità riassunte in unica partita. Nel giorno della finale, La Sfida. Nel 2017, ancora il meglio che il tennis mondiale possa offrire: Federer vs Nadal, atto 35. A riguardo è stato detto tutto e tutto sarà ancora da dire nel futuro. È una battaglia per qualità totale inferiore all’epopea di Londra 2008 ma per epica delle azioni il livello è quello. Qualunque cosa possa succedere in una partita di tennis in quell’incontro è accaduta. Una lezione su cosa possa essere questo sport con professori due dei migliori di sempre. Un monumento alla cultura tennistica che rimarrà intatto per le generazioni a venire. Un’opera il cui valore verrà apprezzato anche tra cento anni. Una partita fattibile solo ora che la loro maturazione è completa. Come dicono gli americani “One for the ages”. A tutto questo aggiungete una lezione di vita che è la firma sul capolavoro: Federer riesce a vincere contro l’uomo con cui ha più perso in vita. Ci riesce cambiando strategia, rimettendosi in gioco (dopo 6 mesi di stop forzato), rimboccandosi le maniche e lavorando sodo, dando così al mondo intero la dimostrazione di cosa sia l’umiltà .
La partita perfetta, Indian Wells 2017: la puntata numero 36 della sitcom Fedal ha come ambientazione il cemento di Indian Wells. Di sfida ce ne è davvero poca. Essenzialmente è un assolo svizzero; 1 ora e 8 minuti di pura onnipotenza tennistica. Lo svizzero gioca dal primo all’ultimo punto un tennis inarrivabile per gli umani. Se al concetto di “giocare bene a tennis” c’è un limite, Federer ci deve essere andato molto vicino quel pomeriggio. La perfezione delle esecuzioni, la potenza delle gesta, le variazioni proposte e la precisione dei colpi, ricordano al pianeta terra e ai suoi abitanti perché il giocatore di Basilea sia un degno candidato per il titolo di “migliore di tutti i tempi”. Nadal viene sommerso da vagonate di vincenti. Alcune giocate non hanno senso di esistere e portano lo spettatore a riflettere su questioni ben lontane dallo sport. Il gioco del tennis viene sublimato a eremo dove ritirarsi alla ricerca di noi stessi. Sul match point, neanche a dirlo ennesima meraviglia di giornata, il pubblico inizialmente neppure applaude: stanno tutti ancora contemplando ciò che hanno appena visto.
Church Road si inchina all’ottava meraviglia: il destino era con lui e lui era con il destino. Tra Roger Federer e il titolo numero 8 a Wimbledon praticamente nessuno si poteva frapporre. Il cammino è di quelli decisi a tavolino. Nessuna difficoltà e torneo vinto senza perdere nemmeno un set. Tutto accomodato lì e servitogli su piatto d’argento. Una palla lenta e non particolarmente insidiosa che bisogna solo appoggiare dall’altra parte della rete. Il tutto fatto dallo svizzero però assume un altro valore. È facile cadere nella battuta di dire che i suoi avversari piangono quando lo incontrano, viste le copiose lacrime scese sul volto del suo avversario di finale Marin Cilic, ma anche solo affrontare il Re sui sacri prati inglesi non è cosa accessibile a tutti. Vederlo danzare di bianco vestito con quel l’elegante attrezzo nero tra le braccia, lo ricopre di un’aura psicologicamente devastante per gli avversari. Al di là del torneo in sé, rimane il fatto che le sue gesta sui verdi manti londinesi sono apollinea bellezza che chiunque deve poter ammirare con i propri occhi almeno una volta nella vita.
La sconfitta “divina” a New York: il racconto della sconfitta in quarti di finale agli Us Open con Juan Martin Del Potro veleggia tra il leggendario e l’onirico. È una partita, per forze in campo, di tipo soprannaturale. Da una parte abbiamo lo svizzero, unanimemente considerato il Dio del suo sport e seguito da un’accolita di fedeli molto vasta, dall’altra l’argentino, morto e risorto più e più volte in carriera, almeno in patria è venerato a tutti gli effetti come un santo. Il match è completamente sciolto da qualsiasi logica psicofisica. Solo in un incontro con questo tasso di misticità si poteva sperare di apprezzare un Del Potro con un servizio da percentuali altissime e un rovescio sciolto e fluido. Un po’ come se, almeno per quella sera, di quelle 4 operazioni al polso Delpo se ne fosse dimenticato. Dalla sua Federer sbaglia tutto quello che può sbagliare. Sul piano tattico e del gioco. Si incaponisce nella strategia meditata prima del match commettendo errori non da lui. Tutto il contrario di tutto. Il sogno del 20esimo slam rimane tale per adesso, difficile però credere che sarà ancora così a lungo…
Questa è quindi stata l’annata di Roger Federer che conti alla mano chiude numero 2 del mondo e con ben 7 titoli portati a casa in 8 finali disputate. La qualificazione alle ATP Finals è stata pratica sbrigata già dopo pochi mesi. Con quella di quest’anno diventano quindi 15 le partecipazioni dello svizzero alle Tour Finals dopo che l’anno scorso era stato assente dopo 14 edizioni consecutive, 6 sono le vittorie totali in 10 apparizioni all’ultimo atto del torneo. Quest’anno Roger parte da logico favorito e, soprattutto dopo la splendida annata, nessuno si sorprenderebbe di vederlo in mano con la coppa domenica sera.