“Il leader di cui non sapevi di aver bisogno, nella campagna che non sapevi esistesse”, così recita lo slogan pubblicitario studiato da uno degli sponsor di Jack Sock, che vedeva il tennista americano improbabile candidato alla Casa Bianca nel periodo delle ultime elezioni presidenziali. Uno slogan che riassume alla perfezione quello che rappresenta in questo momento il ragazzone del Nebraska per tutto il movimento Usa, dopo che con la sorprendente vittoria al Masters 1000 di Parigi Bercy, è riuscito a staccare l’ultimo biglietto utile per le ATP Finals, superando sul filo di lana Pablo Carreno Busta.
L’exploit in terra francese, oltre a fargli raggiungere il proprio best rank alla posizione numero 9 (peraltro destinato a migliorare a breve, data l’assenza dai campi di gioco di Stan Wawrinka che attualmente è ancora numero 7), ha consentito a Sock di diventare il numero 1 d’America, il primo statunitense top 10 di fine anno da Mardy Fish (numero 8 nel 2011) ed il primo americano a vincere un Masters 1000 dopo Roddick nel 2010 a Miami, prima di una serie di ben 69 Masters in fila vinti da giocatori europei.
Un epilogo sorprendente per il 2017 di Jack, che sembrava destinato a chiudersi nell’anonimato, vista la penuria di risultati degli ultimi mesi: ad una ottima prima fase di stagione che lo vede ben figurare nei 1000 americani, dopo aver sollevato i trofei ad Auckland e Delray Beach, segue infatti un periodo avaro di risultati su terra rossa, erba e persino al ritorno sul cemento Usa, dove deve incassare anche una sorprendente eliminazione al primo turno dello Slam di casa per mano di Jordan Thompson. Nello swing asiatico le cose non vanno meglio, così il trionfo a Bercy arriva del tutto inaspettato, seppur preceduto dai quarti della settimana precedente a Basilea e favorito dai forfait e dalla scarsa voglia di alcuni big.
Sul veloce indoor della O2 arena di Londra Sock sarà uno dei quattro esordienti, assieme a Zverev, Dimitrov, Goffin (anche se il belga l’anno scorso ha giocato una partita al posto dell’infortunato Monfils). Ovviamente il tennista americano non è tra i candidati al successo finale, ma è di sicuro quello più in fiducia del lotto e anche il sorteggio sembra alimentarne le speranze di approdare quantomeno in semifinale. Il numero 1 d’America è stato infatti inserito nel “Gruppo Boris Becker” assieme al favoritissimo Roger Federer con cui ha sempre perso nei 3 confronti diretti, ma può vantare precedenti incoraggianti con gli altri due contendenti: 2-0 col #5 Marin Cilic, e 1-1 con l’attuale numero 3 del mondo Alexander Zverev, che peraltro non attraversa un gran momento di forma.
Classe ’92, nativo del Nebraska e attualmente residente in Florida, Sock è riuscito a lasciare un segno indelebile in Kansas, durante la sua esperienza quadriennale alla Blue Valley North High School, grazie ad un incredibile record di 80 vittorie su 80 match. Messo in difficoltà sul campo solo dal fratello Eric, più grande di 2 anni, corona la sua perfetta carriera da junior con la conquista del titolo US Open Juniores nel 2010, a 18 anni appena compiuti, superando in finale Denis Kudla. Nel 2009, era già arrivata la prima affermazione a livello Futures ad Amelia Island, mentre sono del 2012 e del 2013 le prime gioie a livello Challenger. Nel mezzo anche qualche risultato nel circuito Atp, in cui può cimentarsi grazie alle wild card della generosa federazione Usa, tra cui spicca il secondo turno allo Us Open 2011, cui approda battendo in quattro set Marc Gicquel. Insomma a 20 anni i riflettori della stampa a stelle e strisce sono già tutti puntati su di lui, ma “showtime” col suo carattere guascone e irriverente riesce a reggere bene una pressione che in tempi recenti ha schiacciato altri connazionali (Donald Young, giusto per citarne uno), prematuramente etichettati come gli eredi di Sampras e Agassi.
La crescita di Sock è rapida e costante, ma a mettergli il bastone tra le ruote arriva il destino a cavallo tra fine 2014 e inizio 2015: prima un problema fisico al bacino, fortunatamente risolto tramite una delicata operazione, lo costringe ad un lunga riabilitazione, poi un gravissimo problema di salute del fratello Eric, colpito da una pesante polmonite complicata dalla rarissima Sindrome di Lemierre, distoglie Jack dal tennis per altri mesi.
Dal rientro in campo Sock porta una scritta sulle sue scarpe da gioco, “Per te, Eric”: “Serve per ricordarmi quello che sono, tra la mia carriera, la mia vita e tutto il resto, facendomi sapere che gioco per qualcosa che va oltre il risultato. Quando mi sento frustrato per aver sbagliato un colpo, penso a cosa ha dovuto passare Eric rischiando quasi di non farcela. Tutto assume una nuova forma e mi permette di capire cosa è il gioco del tennis. Così riesco ad essere più libero psicologicamente, perché di un gioco si tratta, e ad apprezzare tutte quelle cose che fino a poco tempo fa parevano scontate”.
Dal punto di vista tecnico Jack può definirsi il classico giocatore americano “servizio e diritto”, un diritto devastante che risulta essere il più arrotato dell’intero circuito, persino più di quello di Rafael Nadal, frutto di un’impugnatura esasperata “inculcatagli” dal suo storico maestro Mike Wolf. Specialista anche nel doppio, dove ha intascato due medaglie Olimpiche a Rio (l’oro in misto con la Mattek-Sands ed il bronzo nel maschile con Steve Johnson) e il titolo di Wimbledon 2014 in coppia col fido Vasek Pospisil, da quest’anno ha nel suo angolo il connazionale ed ex top ten Jay Berger, assieme all’immancabile ed ormai ristabilito fratello Eric.