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Sembrava non dover arrivare mai la generazione “di mezzo”, quella tra i big e giovani rampanti. Ed invece eccola qui, all’improvviso a prendersi la scena alla O2 Arena di Londra, sul palcoscenico delle Atp Finals 2017. Dimenticata, bistrattata, scavalcata dai “Next Gen” che si prendono le luci della ribalta con un nuovo torneo innovativo dal montepremi faraonico, strappano autografi e scatenano dibattiti su chi tra loro sarà il prossimo numero 1 nel ranking. David Goffin e Grigor Dimitrov (senza dimenticare il semifinalista Jack Sock) entrano nella storia come i primi protagonisti in finale nel Masters di fine stagione nati negli anni ’90 (rispettivamente classe 1990 e 1991), centrando l’atto conclusivo al primo gettone nell’evento. E pazienza se qualcuno tirerà fuori la miriade di forfait tra Djokovic, Murray, Wawrinka, Nishikori, Raonic e compagnia cantante, per i “quasi Next Gen” sarà comunque una bella rivincita.
FINALMENTE GRIGOR – Questa volta Dimitrov non lascia a metà l’opera, anzi. Certo, qualche dubbio si sarà insinuato nella sua mente dopo i quattro match point sfumati ma era andato tutto per il verso giusto: imbattuto nel round robin, in rimonta in semifinale, di carattere nel terzo set della finale. Londra è ai suoi piedi, sfacciatamente schierata dalla sua parte ai limiti della regolarità (tanto da costringere Lahyani a richiamare più volte il pubblico). Il percorso di maturazione è adesso (quasi) completo: dopo il primo 1000 a Cincinnati il successo al Masters e il numero 3 al mondo come best ranking per dare l’assalto ad uno Slam nel 2018.
GOFFIN L’AMMAZZA ‘FEDAL’ – Nonostante l’evidente tape sul ginocchio sinistro e condizioni che sembravano non essere delle migliori, il tennista belga si è tolto la doppia soddisfazione di superare Nadal ma soprattutto il suo idolo Federer per la prima volta in carriera: è solamente il sesto nella storia a battere i due colossi nell’arco dello stesso torneo. Due imprese che probabilmente hanno tolto energie fisiche e mentali: se dopo la maratona con Rafa e Goffin sono mancate le gambe racimolando solamente due game nel primo atto con Dimitrov, in finale è forse mancata la maggior attitudine e certi palcoscenici. David non aveva mai giocato infatti una finale così importante, spingendosi al massimo fino in fondo in un 500. La sua stagione però non è ancora terminata e avrà la possibilità di rifarsi provando a trascinare il Belgio in una storica vittoria nella finale di Davis contro la Francia.
FEDERER, NADAL E GLI ALTRI – Dopo il giusto tributo ai due finalisti, spazio anche a Roger e Rafa. La delusione più cocente riguarda lo svizzero, già pronto ad annusare il settimo sigillo alle Finals: superato il round robin, la somma dei precedenti con gli altre tre semifinalisti recitava 16-0 in suo favore. Poi la debacle con Goffin, sorprendentemente tecnica, quasi difficile da spiegare. Una sconfitta che fa male anche in ottica rincorsa al numero 1: lo svizzero resta a 1040 punti di distanza regalando ossigeno a Nadal. Già, Rafa. Il maiorchino, ginocchia permettendo, potrà vivere i primi tre mesi di stagione con più tranquillità: Federer non potrà aggiungere punti al suo bottino pur vincendo i primi tre appuntamenti importanti (Australian Open, Indian Wells, Miami) e, a meno di ritorni in pompa magna di Djokovic, Murray e Wawrinka o di altre clamorose sorprese dovrebbe mantenere la prima piazza sino al rosso, quando poi sarà lui a vivere i suoi tornei preferiti con cambiali pesantissime da difendere. Certo, il Masters resta tabù: il ritiro dopo il match con Goffin regala la chance al connazionale Carreno Busta dopo essersi visto scavalcare in extremis da Sock e priva il torneo di ulteriori spunti interessanti. Non è stato infatti un esordio da urlo quello di Zverev, arrivato scarico e con la pressione di dover approdare quantomeno in semifinale: il suo 2017 resta fantastico ma con quell’amaro in bocca dettato dalla poca consistenza negli Slam (risultato migliore l’ottavo di finale a Wimbledon) e della ‘stecca’ a Londra: il ragazzo si farà. Tonfo (quasi) annunciato, invece, quello di Thiem: l’austriaco esce ufficialmente allo scoperto con la relazione con la collega Kiki Mladenovic ma in campo ‘emula’ le sue gesta (a secco di vittorie da luglio). Domi è sembrato infatti ancora una volta in confusione tattica e mentale, incrementata da una superficie non proprio congeniale alle sue mastodontiche aperture con i fondamentali da fondo campo. Non pervenuto invece Cilic, il croato strappa un set a tutti nel round robin ma perde tre partite su tre al terzo parziale: per lui, su nove match giocati a Londra, una sola sconfitta e nessuna qualificazione in semifinale in tre partecipazioni.