Il prestigioso torneo di Wimbledon è di certo fra i più ambiti del circuito tennistico, sia naturalmente in quanto Slam, sia per l’aura meravigliosamente suggestiva che regala l’evento, la quale richiama da vicino un tennis d’altri tempi, un tennis di “tradizione“. Wimbledon ha la caratteristica peculiare di essere l’unico torneo Slam su erba, una superficie che facilita i cosiddetti “bombardieri“, atleti che puntano tutto sulla potenza muscolare e sulla violenza dei colpi, in particolare per quanto concerne il servizio, dei quali peraltro vi è stata una fioritura negli ultimi tempi. Il verde della competizione britannica, però, ha raramente attirato le simpatie di giocatori a proprio agio sulla terra rossa, in quanto, per strutturazione del manto, non vi è una successione di scambi elevata e dunque risulta sottratta la componente relativa all’intrattenimento.
Fabio Fognini è uno dei professionisti sopra citati, dichiaratamente restio ad un amore incondizionato verso Wimbledon, ma oggettivamente talentuoso e dunque abile anche sul verde, per quanto permesso dalla sua fisicità. Il talento ligure ha regalato una grande gioia al pubblico italiano nel 2016, superando un Federico Delbonis in stato di grazia, nel corso del primo turno di quell’edizione del noto torneo inglese. L’argentino è sempre stato un insidioso avversario per Fognini, opponente di tante battaglie sul rosso, e di certo la differente rapidità del terreno lo favoriva in tutto e per tutto. I favori del pronostico non erano dunque orientati per un trionfo rapido e senza particolare fatica, e difatti Fognini vinse soltanto dopo aver sfidato un grande Delbonis, ma soprattutto se stesso, innervosito a più riprese dalla difficoltà ad esprimersi pienamente sull’erba.
Il primo set sembrava poter promettere un prosieguo particolarmente favorevole: 6-3 rapido e pallino del gioco pienamente fra le mani di Fognini. La risposta di Delbonis non si è fatta attendere, inoltre presentandosi come psicologicamente devastante: 4-0 immediato e conclusione arrivata con un 6-1 eloquente per brillante gioco espresso. Il terzo set è partito nuovamente con un Fognini straripante, avanti rapidamente con il punteggio di 4-2, seppur un’imprevista interruzione per pioggia avesse posto fine al suddetto splendido exploit. Al ritorno in campo, il registro è cambiato rapidamente, frutto di un Delbonis più fresco dal punto di fisico e mentale: parziale trascinato al tie-break e rapido 7-3 argentino. Da quel momento in poi è partito lo show di Fabio Fognini, espresso con la consueta classe cristallina che lo contraddistingue da molti suoi colleghi: vincenti da ogni dove, risposte fulminee da doppista puro (quale peraltro ha dimostrato di poter essere) e un Delbonis inerme di fronte alla superiorità tecnico-tattica dell’avversario: 6-4, 1-6, 6-7(3), 6-2, 6-3 in 2 ore e 54 minuti di gioco.
Fognini è uno degli esponenti di spicco del tennis italiano, quantomeno da più di un decennio. I successi conquistati dal classe ’87 non rispecchiano la completezza e l’unicità del suo tennis, molto spesso, nel bene o nel male, in linea di continuità con il suo umore. Resta innegabile il fatto che il suo operato sia oggettivamente apprezzato da chiunque graviti attorno al mondo di questo sport, considerando il rispetto palesato dai più grandi esponenti di esso, come Novak Djokovic, notoriamente suo amico ed estimatore (oltre che imitatore). Il “pirata” Fognini è costantemente alla ricerca del fantomatico tesoro della tradizione letteraria piratesca, affascinante quanto “difficile” da concepire nella sua interezza.