Alexander Zverev è innegabilmente fra i migliori talenti emersi negli ultimi tempi, seppur l’incostanza del suo rendimento freni l’entusiasmo dell’opinione pubblica nei suoi confronti, restia a definirlo fra i migliori, o comunque vi è spesso la tendenza a sottovalutarlo. Il tedesco ha conseguito risultati meravigliosi nel corso della sua ancora giovane carriera, fra i quali spicca il titolo conquistato alle Atp Finals 2018, ai danni di un Novak Djokovic battagliero in finale. Il primo vero exploit di Zverev è però datato 2016, con la conquista dell’Atp di San Pietroburgo che lo ha proiettato, suo malgrado, fra i possibili eredi del circuito maschile post-Fab 4. Tutto ciò è stato ulteriormente evidenziato dal successo straordinario contro Roger Federer, ad Halle 2016, sul manto erboso tanto caro alle caratteristiche del fuoriclasse svizzero: si è subito parlato, frettolosamente, di un “passaggio di testimone“.
Le caratteristiche di Zverev e Federer sono talmente differenti che si presenta un’impossibilità di base nel paragonare i due atleti, dotati però di peculiarità contrastanti che fanno comprendere la causa prima della sconfitta svizzera in quel periodo storico. Il tennista teutonico aveva dalla sua entusiasmo, voglia di fare e sorprendere, sicurezza nei propri mezzi, ma, soprattutto, niente da perdere. Lo svizzero veniva da una vittoria sofferta contro David Goffin, un avversario sempre ostico e storicamente difficile da affrontare, inoltre reduce da una stagione problematica. Zverev riuscì ad incantare nel corso di quell’incontro di semifinale ad Halle, impressionando per solidità al servizio e colpi devastanti da fondo campo, scardinando più e più volte le varie trovate tattiche dell’esperto Federer. Un 7-6(4) 5-7 6-3 che si può riassumere con un iconico colpo di Zverev: nel corso del primo set, sul punteggio di 3-2 in favore dell’elvetico, il talento di Amburgo tentò una smorzata prontamente letta dall’avversario, in seguito alla quale il classe ’97 inventò un lob vincente sensazionale. Federer reagì al tutto con un’espressione eloquente, equivalente ad un “Questo ragazzino fa sul serio“.
Zverev successivamente perse in finale contro Florian Mayer, un altro puro talento teutonico, ma il successo in semifinale contro Federer restò nella memoria di chiunque abbia seguito quell’edizione del torneo di Halle, ancor di più dell’atto finale in sè: Zverev aveva vinto la “sua” finale. I tanti periodi neri del tedesco dal 2016 sino ad oggi, 2020, sono stati parecchi e di considerevole portata dal punto di vista psicologico, ma mai come adesso è valido il concetto teorizzato da Plinio il Vecchio per il quale “Malum quidem nullum esse sine aliquo bono“, ovvero, “Non vi è male che non abbia qualcosa di buono“. Zverev porta sulle spalle il peso degli inizi straripanti da esordiente, con vittorie di prestigio firmate contro atleti del calibro di Stan Wawrinka e lo stesso Roger Federer, forse un freno alle sue reali ambizioni a causa delle conseguenti pressioni. Il talento di Zverev non è ancora definitivamente esploso e ogni suo traguardo sembra sempre una risposta “polemica” a chi lo critica costantemente e non crede in lui. In fin dei conti, però, è di certo negativo esser troppo spesso sottovalutati, ma non vi sono più vantaggi nel rappresentare una potenziale piacevole sorpresa ad ogni torneo? Bisognerebbe lasciare che i tennisti possano esprimersi al meglio, lo spettacolo potrebbe giovarne. Nessuno è il nuovo Federer, il nuovo Nadal o il nuovo dominatore X, tutti sono loro stessi e costruiranno il futuro di questo sport: sarà fantastico poter dire “Questo ragazzino fa sul serio“.