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La solita folta chioma bionda, la solita fascetta, la solita attenzione calamitata su di sé nella sua Montecarlo, dove per tre volte volte aveva trionfato. Non ci sarebbe nulla di strano nel vedere Bjorn Borg sui campi del Principato, accompagnato dalle sue Donnay di legno. Ma nella casella a fianco del suo nome non c’è una testa di serie, bensì la sigla che contraddistingue i tennisti entrati in tabellone con una wild card. E soprattutto la tecnologia ha ormai fatto passi da gigante, nel borsone degli altri partecipanti non c’è alcuna traccia di legno nel telaio delle racchette. Siamo infatti ormai nel 1991, l’orso svedese ha trentaquattro anni e ha stupito tutti annunciando il ritorno sul circuito dopo otto anni dal suo ritiro pensando di avere ancora qualcosa da dire.
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Del Borg che aveva incantato e dominato incontrastato per anni, però, ne era rimasta una pallida e innocua controfigura. Tra le voci di un tentato suicidio nel febbraio del 1989 e parecchi debiti accumulati in affari gestiti male, l’anacronistico progetto di Bjorn viene immediatamente ridimensionato al primo turno, rimediando un pesante 6-2 6-3 dal modesto spagnolo Jordi Arrese. Il computer Borg, esperto calcolatore delle dinamiche più profonde dello sport del diavolo, questa volta è andato completamente in tilt. Solamente i più romantici avrebbero creduto in un ritorno ai vecchi fasti, magari inconsciamente, prima di essere smentiti dall’amara verità del campo.
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Quella grottesca appendice di carriera proseguì con qualche fugace apparizione nel 1992 e nel 1993 abbandonando le amate racchette di legno. Le cose andarono leggermente meglio ma in nessun caso Borg riuscì a superare un turno, arrendendosi definitivamente con la sconfitta al tie-break del terzo a Mosca contro Volkov. Una parentesi che sarebbe preferibile dimenticare per non intaccare la figura mistica dello svedese vista a cavallo degli anni settanta e ottanta ma con una severa lezione da assimilare: il tempo sa essere davvero tiranno e prima o poi persino gli eroi sono costretti ad arrendersi per non scadere in una scimmiottata caricatura di se stessi.
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