Tennis

Amanda Anisimova, il suono risorto

Amanda Anisimova - Foto The Indian Express

Le campane delle chiese, in Russia, hanno sempre avuto un significato speciale: il loro rintocco serviva per avvertire la popolazione di eventi straordinari, che fossero guerre o festività. Il movimento bolscevico decise, a partire dal 1917, di distruggerle tutte. Il segnale era chiaro, privare delle proprie orecchie Santa Madre Russia così da renderla completamente sorda di tutto ciò che accadeva in una epoca storica in cui in molti paesi del mondo il destino era nelle mani di pochi, saliti lassù in cima in modo tutt’altro che democratico. Trent’anni fa le campane tornavano a suonare per mano dell’imprenditore Valery Anisimov che con Amanda, la giovanissima tennista del New Jersey, non condivide il sangue ma solo il cognome e una storia decisamente affascinante.

Nel 1998 Konstantin Anisimov e la moglie Olga decidevano di emigrare da Mosca negli Stati Uniti dove il 31 agosto 2001, in una clinica della città di Freehold, nasceva Amanda. Giusto il tempo dei primi vagiti  e poi giù a colpir palle notte e giorno. Diciassette anni dopo, sotto il sole cocente della California, tutto l’universo tennis stringeva virtualmente la mano a papà Kostantin ringraziandolo per aver preso, senza possibilità di smentita, la decisione migliore per la figlia. Sono infatti passati tredici giorni da quella che, fino a questo momento, è la vittoria più importante della carriera di Amanda Anisimova: 6-2 6-4 in poco più di un’ora di gioco, l’ex numero 2 del mondo Petra Kvitova sbriciolata e una storia appena cominciata ma che sembra già scritta con un inchiostro magico.

Va veloce, Amanda, veloce come una carriera junior che c’è ma che incredibilmente è già un ricordo. Un anno fa, di questi tempi, l’esordio in un Premier Event all’ombra delle palme di Miami, poi il primo Slam, sulla terra battuta parigina (strappando anche un set all’esperta giapponese Kurumi Nara), il primo titolo ITF nel $60.000 di Sacramento e la cavalcata trionfale agli US Open Junior, dominati dal primo all’ultimo incontro. Iniziare l’anno, il 2017, da numero 761 e chiuderlo alla posizione 192 qualcosa vorrà dire.

Nessun errore, le carte d’identità non mentono mai: 17 anni ancora da compiere e niente emozioni, niente nervosismo. L’Anisimova sembra avere le stimmate della predestinata e le sensazione è che se tutto ciò che la gravità intorno continuerà a girare nel migliore dei modi, quanto visto fino ad ora potrebbe risolversi in un antipasto poco saporito. Un’aria di novità e di entusiasmo che ha già contagiato tutti o quasi. Una campana nuovissima con un suono forte e deciso, che è già arrivato dalle parti del Cremlino. La bandiera, però, è quella americana.

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