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Ormai quella fase l’abbiamo decisamente superata: Alcaraz non fa più soltanto impressione, fa proprio paura. Per batterlo in semifinale ad Indian Wells, Nadal ha dovuto mettere a repentaglio le proprie costole sacrificando i tornei iniziali della stagione sul rosso, altrimenti Carlitos sarebbe giunto all’ultimo atto anche in California. Quindici giorni dopo la finale è arrivata a Miami, dove potrebbe diventare il terzo tennista più giovane a trionfare in un Masters 1000 dopo Chang e lo stesso Nadal.
Se la giocherà da favorito contro il norvegese Ruud. Quello che spaventa dello spagnolo, oltre ad una completezza tecnica imbarazzante, è una testa che, a diciotto anni e dieci mesi, sembra quella di un veterano. Lo si capisce da come interpreta il gioco e gestisce le situazioni di svantaggio in partita. Ma c’è anche altro in lui. Basti pensare che in semifinale ha concesso al polacco Hurkacz la ripetizione di un punto precedentemente assegnato a lui dal direttore di gara.
Sintomi evidenti che, quando si elogia Alcaraz, non ci si può soffermare solo al tennis. In questi comportamenti sì, si può dire che assomiglia proprio a Rafael Nadal, al quale troppo spesso viene invece stucchevolmente paragonato dal punto di vista tecnico. Guardare Alcaraz già mette soggezione in partenza. Quell’espressione liceale fuori dal campo, in partita si cancella per lasciare spazio ad espressioni guerresche che non possono non intimorire i suoi avversari. Eppure questa sera anche lui non potrà non avvertire un po’ di tensione.
La posta in palio è davvero altissima. Vincendo diventerebbe il giocatore più giovane di sempre ad imporsi a Miami battendo il precedente record di Novak Djokovic (vincitore nel 2007 a 19 anni). L’allievo di Ferrero, inoltre, punta ad essere il primo spagnolo a mettere il proprio sigillo qui in Florida. Non ci sono mai riusciti Nadal (cinque volte finalista), Bruguera, Moya e Ferrer in un torneo che ha rappresentato da sempre una chimera per gli iberici.
Ma l’errore più grande che può commettere Alcaraz è fare i conti senza l’oste. Casper Ruud, infatti, ormai da tempo sta trovando la quadra anche sulle superfici rapide, dove si pensava non potesse mai esprimersi come sull’amata terra rossa. “Penso che l’anno scorso arrivare al quarto turno agli Australian Open mi abbia dato tanta consapevolezza. Personalmente mi sono sempre trovato a mio agio sul duro”, così ha affermato il norvegese dopo la semifinale vinta contro l’argentino Francisco Cerundolo.
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Il primo indizio è arrivato sul finale della scorsa stagione, quando ha portato a casa il titolo a San Diego ma soprattutto le semifinali alle Finals. Eventi impensabili pochi mesi prima per un ‘terraiolo’ come Casper. La conferma definitiva si è avuta in questi ultimi dieci giorni, dove uno dopo l’altro ha fatto fuori vari esperti del veloce come Bublik, Norrie ma soprattutto Zverev ai quarti di finale. Il vero clic è scattato da quando Ruud si allena alla Rafael Nadal Academy, dove da ormai qualche anno ha la sua base. Qui lo scandinavo ha iniziato a lavorare tantissimo a livello di testa, imparando a trasportare tutta la sua esplosività anche sui campi rapidi. I risultati, adesso, sono tangibili.
Alcaraz e Ruud hanno tanti punti in comune a poche ore da una finale che si preannuncia combattuta. Entrambi hanno perso solamente un set durante il torneo, tutti e due a livello di quarti di finale rispettivamente contro il serbo Kecmanovic ed il tedesco Zverev. Non avevano mai vinto una partita all’Hard Rock Stadium prima di quest’edizione. Entrambi, inoltre, non avevano mai raggiunto una finale in un evento di queste proporzioni.
Tutti e due arrivano a questa sfida avendo vinto già un titolo in quest’inizio di stagione. Alcaraz si è imposto sul rosso di Rio de Janeiro mentre Ruud a Buenos Aires, sempre sulla terra battuta. Lo spagnolo ha vinto l’unico precedente, quello di Marbella disputato l’anno scorso a livello di quarti di finale e chiuso in due set dal classe 2003. Questa sera quasi tutti si aspettano un altro successo dell’iberico ma occhio. Questo Ruud, ormai, anche sul veloce non può più non essere tenuto in considerazione.
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