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Alcaraz, è il tennis che gioca lui: Zverev l’ultimo ostacolo a Madrid

Carlos Alcaraz - Foto Courtesy of Mutua Madrid Open

A Carlos Alcaraz non gliene frega nulla. Non gli importa del contesto, dell’avversario o della posta in palio. Apparentemente neutrale a qualsiasi tipo di emozione, il suo unico obiettivo è entrare in campo e sbranare la partita. Si può dire che è quasi il tennis che gioca lui. I vincenti, i recuperi, le esultanze, sono tutte delle esternazioni automatiche di una sincronia perfetta tra occhio, mano e cuore abbinate a quell’istinto primordiale d’intimorire che lo rende diverso da tutti. Ed infatti è così. Nessuno mai era riuscito a battere Rafael Nadal e Novak Djokovic consecutivamente in un torneo sulla terra rossa. Nessuno mai era riuscito così giovane a qualificarsi per la finale del Masters 1000 di Madrid.

Ci sono dei momenti che, nella storia di ogni sport, segnano inevitabilmente uno spartiacque, una sorta di divisorio tra quello che è stato e ciò che ci riserverà il futuro. Ebbene, il 6 ed il 7 maggio non saranno più ricordati come due giorni qualsiasi. Fa quasi spavento pensare che Alcaraz ha solamente diciannove anni e tre giorni ma, allo stesso tempo, ci dà la perfetta dimensione di ciò che sta riuscendo a compiere questo ragazzo. Quella di oggi sarà la sua quinta finale in carriera (la quarta del 2022). Per il momento le ha vinte tutte. Dall’altra parte della rete troverà il tedesco Alexander Zverev, vincitore della passata edizione ed ancora clamorosamente imbattuto sui campi della Caja Màgica. I due precedenti danno manforte alle convinzioni del teutonico.

L’anno scorso è stato Sascha ad imporsi facilmente sia ad Acapulco sia a Vienna. Lo spagnolo dovrà cercare soprattutto di arginare il servizio dell’avversario, un colpo che sulla terra rapida di Madrid è particolarmente efficace. Zverev fa male tantissimo anche con il rovescio, un colpo che gli consente di essere aggressivo ma allo stesso tempo di tramutare lo scambio da difensivo ad offensivo. Le armi in favore dell’iberico sono due su tutte. La vicinanza al campo sulla seconda di servizio del teutonico e soprattutto le variazioni, indispensabili contro un tennista che non ama essere chiamato nei pressi della rete.

Alcaraz è capace di mettere d’accordo tutti. Il temperamento mentale e la regolarità dei suoi colpi non possono non ricordare un po’ Nadal e Djokovic ma, allo stesso tempo, fa alcune giocate che altri neppure pensano e che non possono di certo far arricciare il naso ai tifosi di Federer. Chi si aspetta un successo scontato dell’allievo di Ferrero, però, sbaglia di grosso. La parte più complicata per Alcaraz sarà riuscire a resettare quanto accaduto nelle scorse quarantotto ore e calarsi nuovamente nella realtà dei fatti. Il tennis, infatti, è brutale. E’ capace di farti toccare il cielo con un dito pur non avendo ancora completato l’opera.

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