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Tra gli anni ‘90 e i primi anni 2000, Adriana Serra Zanetti è stata un’esponente di rilievo del tennis femminile italiano. Best ranking al numero 38 Wta datato 11 febbraio 2002, la tennista di Modena è dai più ricordata per essere stata la prima giocatrice italiana ad issarsi sino ai quarti di finale degli Australian Open, emulata poi da due grandi esponenti del florido movimento tricolore degli ultimi anni come Francesca Schiavone (2011) e Sara Errani (2012): “Fu un torneo in crescendo – ha dichiarato ai microfoni della trasmissione “15 minuti con…” a cura di Sportace – Al primo turno ho annullato match points, al terzo riuscii a battere Silvia Farina 6-4 recuperando da 4-1 sotto al terzo set. In ottavi giocai benissimo, mi ricordo che non concessi nemmeno una palla break. Fu una soddisfazione immensa raggiungere quel tipo di risultato”. L’ex giocatrice romagnola, oggi coach nel settore agonistico del Tennis Modena, ha vissuto l’atmosfera del tennis sin da tenerissima età, grazie alla spinta della famiglia e alla passione condivisa con sua sorella minore Antonella, anche lei professionista di tutto rispetto dei primi anni duemila e con la quale, a livello pro, ha un head-to-head negativo: “Se c’è una cosa che voglio cancellare dalla mia carriera sono i match contro mia sorella – ha esclamato sorridendo – lei è in vantaggio 3-2 negli scontri diretti, ma oggettivamente sono stati tutti match inguardabili”.
Esempio di precocità e di dedizione al lavoro, Adriana ha iniziato ben presto ad affermarsi a livello nazionale ed internazionale: “Ho iniziato a giocare a tennis seguendo le orme di mio fratello, 2 anni più grande di me. Ai miei tempi si poteva iniziare a competere ad 11 anni, ancora non c’erano le categorie under 8 ed under 10. Ho avuto subito buoni risultati da junior, tanto che a 14 anni sono entrata in classifica mondiale intorno al numero 700 Wta”. Superato un primo, necessario, periodo di assestamento, Serra Zanetti cominciò a macinare risultati importanti poco più che maggiorenne: “Il primo grande exploit l’ho ottenuto a Roma ‘94. Avevo 18 anni ed ero 180 del mondo, dalle qualificazioni sono arrivata sino ai quarti di finale: al secondo turno giocai sul centrale con la Huber, testa di serie numero 4 del torneo, un’emozione indescrivibile. Dopo quel torneo entrai nelle prime cento, anche se forse non ero ancora pronta per quel tipo di risultato. Tutta un tratto mi sono ritrovata a giocare nei main draw degli Slam, cominciai ad avere maggiori attenzioni dai media, cosa che all’epoca non era certo abituale. Mi ci è voluto un po’
per abituarmi ad una situazione tutta nuova”. L’anno successivo Adriana, nonostante qualche mese incerto che la fece uscire momentaneamente dalle 100, confermò quanto di buono fatto vedere nell’edizione precedente, riuscendo a strappare un set – con un netto 6-1 – a Conchita Martínez, vera e propria dominatrice di quegli anni sulla terra battuta: “Quella partita me la ricordo bene. Giocai un gran match. A Roma la spagnola era quasi ingiocabile ma riuscii a ritrovare fiducia e le sensazioni positive che avevo un po’ smarrito. Non a caso al Roland Garros di quell’anno raggiunsi il mio primo ottavo di finale Slam, dove fui battuta nuovamente da Conchita, anche se in quell’occasione ci fu meno match”.
Il ‘95 si chiuse in discesa per la modenese, con la semifinale raggiunta a Mosca sul cemento indoor. Nonostante un inizio di carriera contraddistinto da risultati di rilievo conseguiti sulla terra battuta, lo stile di gioco “aggressivo” di Adriana trovò ben presto terreno fertile sul veloce: bimane sia di dritto che di rovescio, contrattaccante naturale, prediligeva comandare lo scambio con piedi ben saldi dentro la linea di fondo campo, non disdegnando variazioni di ritmo e smorzate.
Uno stile di gioco che le valsero, tra le tante soddisfazioni, anche diverse chiamate in Fed Cup: ben 16 apparizioni le apparizioni con la maglia azzurra, con la particolarità di essere stata capitanata da tre personalità diverse come Panatta, Reggi e Barazzutti.
“Sono stata molto fortunata, per me era un vanto rappresentare la mia nazione. I miei capitani avevano tre approcci molto diversi tra di loro: con Adriano all’inizio c’era timore, poi si è rivelato una persona disponibile e generosa. Raffaella era grintosissima, mentre Corrado più pacato ma un grande lavoratore. Se dovessi scegliere i ricordi più belli in Fed Cup, scelgo Italia-Svezia a Milano, con i due singolari giocati da me e mia sorella e la semifinale ad Ancona contro gli USA delle Williams e la Seles, con Billie Jean King capitano”. Guardando al tennis di oggi, Adriana sembra aver pochi dubbi su quali sono le giocatrici più complete di un circuito che, a suo dire, stenta a trovare un cardine su cui poggiare tutto il movimento: “Ad oggi per me Andreescu e Barty sono le più complete: mi piacerebbe vedere qualcosa di diverso nel panorama femminile, qualche atleta che si discosti dal canone della tennista moderna. Manca un personaggio carismatico tra le giovani, come ai miei tempi lo erano le Sabatini, Seles e Clijsters”.
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