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Zanardi, dottor Biagioni: “Ecco perchè credo che Alex ce la possa fare”

Alex Zanardi - Foto di Brunhild Media CC BY-SA 3.0
In quelle condizioni gravissime poteva resistere pochi minuti soltanto“. Inizia così il racconto di Robusto Biagioni, medico di emergenza e responsabile del 118 della zona di Grosseto, in un’intervista al Corriere della Sera, spiegando i primi soccorsi ad Alex Zanardi in seguito all’incidente in handbike. Biagioni si trovava infatti sull’elicottero “Pegaso 2” che venerdì scorso è giunto sul luogo dell’incidente per trasportare in ospedale il campione paralimpico. “Lo stava assistendo Cristina La Cava, la dottoressa dell’ambulanza che aveva già iniziato, per fortuna, a fare quanto necessario in quelle condizioni per stabilizzarlo” spiega il dottor Biagioni, “la mia collega lo aveva trovato in uno stato comatoso, con momenti di agitazione. Muoveva le braccia in modo sconnesso, urlava. Il volto era devastato dalle tante fratture. Ma quello che ci preoccupava di più in quel momento era la lesione, molto grave, che dall’occhio destro si allungava su tutta la faccia. Poi aveva altre lesioni alla testa“.

Sono intervenuto su casi persino peggiori e a volte si sono risolti positivamente anche contro le nostre previsioni. Ecco perché sono convinto che ci siano buone speranze che Alex ce la possa fare, considerato anche che è un atleta e ha una voglia di vivere e una grinta incredibili” sottolinea speranzoso il medico. Bagioni aveva già conosciuto Zanardi: “Lo avevo incontrato più volte, una persona eccezionale. Veniva a trovare gli amici del 118. Ci diceva che facevamo un lavoro straordinario. Me lo sono trovato davanti in quelle condizioni ed è stato duro mantenere calma e distacco indispensabili perché un medico riesca ad agire nel modo migliore. Poi, quando finalmente lo abbiamo stabilizzato e trasportato al Policlinico Le Scotte, mi sono emozionato. Ero emotivamente provato“.

Biagioni ripercorre le prime operazioni di soccorso che hanno consentito di tenere in vita Alex Zanardi: “Certamente il passaggio della cannula tubo fino alla trachea per consentirgli la respirazione artificiale. Non è stato facile perché il volto era devastato dalle fratture. Poi siamo passati alla seconda fase, quella del bendaggio di tutta la parte superiore del volto, della testa e la stabilizzazione delle varie fratture che abbiamo riscontrato“. Fondamentale poi l’ausilio del Soccorso Alpino: “Siamo decollati da Grosseto alle 16.56. A bordo eravamo in sei: due piloti, un tecnico, un operatore del Soccorso alpino, un infermiere e io. Siamo atterrati a Pienza alle 17.20. L’operatore del Soccorso alpino é stato utilissimo. Siamo atterrati in un campo e abbiamo dovuto attraversare un piccolo bosco, molto fitto, e l’esperto ci guidava spezzando i rami sul nostro cammino e trovando la giusta direzione“.

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