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Durante il Festival della cultura paralimpica in corso a Taranto, è intervenuto la leggenda azzurra e campione del mondo nel 1982 Marco Tardelli, che ha parlato delle sue esperienze e imprese sportive e sociali: “Gli atleti paralimpici sono dei campioni del mondo, noi un po’ meno. E’ importante non arrendersi mai e loro ce lo insegnano. La mia esperienza è quella di tutti gli italiani. Sono conosciuto principalmente per l’urlo, ma ho fatto anche altre cose. Ovviamente arrivare a giocare un campionato del mondo e fare gol in finale credo sia il massimo, la cosa più bella che ho fatto, a parte i miei figli. Quella vittoria fu una grande gioia, che però a un certo punto sentivo di voler vivere da solo. In tanti non credettero in noi, soprattutto i media e i giornalisti. Vivevo quel momento come una rivincita nei confronti di queste persone. Quando tornai a casa, fu tutto molto bello“.
Tardelli ha ricordato il suo impegno come ambasciatore dell’associazione diplomatici: “Ogni anno all’Onu, devo portare degli sportivi importanti. Sono venuti anche sportivi paralamplici a parlare a 4 mila ragazzi di 141 Paesi di tutto il mondo, insegnano tanto sul valore e l’importanza del gruppo e a stare uniti aiutandosi a vicenda“.
“I miei genitori non volevano giocassi a calcio, sono diventato calciatore grazie alla fiducia dei miei fratelli. Il calciatore più grande di tutti è Pelè, seppur giocasse in un altra epoca, era un calcio diverso. Maradona l’ho marcato in molte occasioni, gli ho chiesto scusa tantissime volte per le botte che gli ho dato. Diego è stato un giocatore fenomenale, ma è sempre stato circondato da gente e amici che non gli hanno dimostrato l’affetto benevolo di cui necessita una persona“.
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