“Ho percepito, soprattutto nella narrazione dei media, che sia stata ‘galeotta’ l’onda positiva dei Giochi Olimpici per trascinare emozionalmente anche quelli Paralimpici. Dopodiché, le persone sono state rapite dalle nostre gare e dai nostri atleti“. Lo ha detto il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli, durante la conferenza di fine Paralimpiade, organizzata al Main Press Centre, il centro stampa per i giornalisti accreditati ai Giochi di Tokyo. I Giochi si chiudono col bilancio record di 69 medaglie: 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi.
“Una cosa è certa, oggi lo sport italiano si presenta come un’unica entità, due facce della medesima medaglia, nella consapevolezza che parliamo di due eventi diversi, con contenuti differenti e diverse declinazioni di valore che hanno in comune la centralità di questo straordinario strumento che è lo sport“, ha aggiunto. “I valori del medagliere rispecchiano quasi totalmente quello olimpico – ha proseguito Pancalli – per cui noi ci confermiamo al nono posto, quindi nella top ten delle nazioni, considerato che a Rio erano assenti i russi mentre qui erano presenti, seppur senza inno né bandiera. Di tutti i Paesi che erano nei top ten a Rio, molti perdono medaglie, qualcuno mantiene, ma chi è andato veramente avanti è solamente l’Italia e questo è un segnale positivo. Questo significa che la scuola sportiva e l’approccio di un Paese regala le medesime situazioni sia all’uno sia all’altro movimento”.
Pancalli torna poi sulla leggendaria tripletta di ieri nei 100 metri T63 di atletica, che hanno visto salire sul podio Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto: “Il risultato di ieri è stato la più bella istantanea con cui chiudere una Paralimpiade straordinariamente bella per i risultati e per aver regalato dalla testimonianza di ogni singolo atleta l’immagine dell’Italia più bella, del Paese che sta tentando faticosamente di uscire dalla pandemia. L’immagine di atleti che hanno fatto della loro resilienza la connotazione non solo come atleti, ma di uomini e donne di questo Paese, forse anche per questo abbiamo ricevuto così tanto affetto e calore. Vedere le principali testate aprire con l’immagine delle nostre atlete mi ha fatto dare un pizzicotto per vedere se fosse vero o se stessi sognando, ma l’attimo dopo è prevalsa la razionalità – ha concluso il numero uno del Cip – e con orgoglio dico che noi abbiamo lavorato per questo”.