Editoriali

Streif, mitologia di una pista

Peter Fill - Foto Alessandro Trovati - Pentaphoto

Proviamo ad immaginare mentalmente la sequenza della gara. Colui che si prepara a scendere si avvia nervosamente verso la partenza, situata poco sotto la cima dell’Hahnenkamm, nel cuore delle Alpi di Kitzbuhel. Pianta con vigore i bastoncini nella neve al di là del cancelletto, inietta una gran dose di aria fredda nei polmoni e via, pronto a salire sulle creste del grande drago bianco: la Streif, tra le grida d’incitamento degli allenatori.

Si inizia a fare subito sul serio. Dopo la picchiata dello Startschuss, si compie una grande sterzata a sinistra, da eseguire al massimo della velocità, per essere lanciati in un volo lungo 70, 80 metri: è la Mausfalle, il famigerato salto aereo che sorvola un pendio dalla forte inclinazione (85%). Si atterra già in posizione, pronti ad affrontare la Steilhang, una ripida sequenza di curve in contropendenza che lambisce le protezioni. Subito ci si immette per uno stretto e lungo tragitto, il Bruckenshuss, senza grandi curve (dove coloro che fanno dello scorrimento il proprio punto di forza trovano pane per i loro denti).

In questa fase comincia a farsi sentire la fatica, i muscoli delle gambe bruciano. La lucidità viene meno. Ma non si può mollare, poiché si devono ancora affrontare dei passaggi estremamente complessi. Tra cui, l’ Alte Schneise, una grande picchiata che sfocia sul salto dello Seidlalm. E poi ancora una serie di curve veloci, fino ad arrivare nel punto chiave di tutto il percorso, l’Hausbergkante, un salto nel vuoto al termine di un curvone velocissimo. In questo punto si è costretti a cambiare la traiettoria degli sci in volo, poiché si deve entrare a tutta velocità per un gran traverso, posto nella direzione opposta da cui si proviene.

Il pendio è molto inclinato, scandito da un infinità di piccole gobbe, quasi impossibili da addomesticare. Infine, si gira a destra e si percorre lo Zielschuss, con il suo salto situato a pochi metri dal traguardo. Si è fuori! Qualcosa è cambiato nell’animo di chi affronta questo viaggio per la prima volta.

Nomi epici, che evocano la storia dello sci alpino. La Streif può senz’altro considerarsi la pista per eccellenza, dove la regina delle specialità, la discesa libera, trova la sua massima espressione. Tre chilometri e trecento metri di pendio e quasi mille metri di dislivello, tra salti, curve su pendii ghiacciati, picchiate a velocità vertiginose. La prima competizione su questo percorso risale al 1967 ed è stata vinta dal grande discesista francese Jean Claude Killy. Poi, un susseguirsi di gesta leggendarie, in particolare da parte della squadra di casa.

A tal proposito, si ricordano le grandi vittorie di Franz Klammer negli anni settanta. Fino ad arrivare, in anni più recenti, ai migliori discesisti che il “Wunderteam” abbia mai formato: Patrik Ortlieb, Hans Knauss, Stephan Eberharter, Michael Walchhofer, Josef e Fritz Strobl. Proprio quest’ultimo, detiene ancora oggi il miglior tempo registrato sulla Streif.

Anche la squadra elvetica non è stata da meno. Pirmin Zurbriggen si è rivelato uno dei migliori discesisti nel corso di tutti gli anni ottanta, vincendo diverse volte anche su questa pista. Dopodiché, è venuto il momento del connazionale Franz Heinzer. Poi il testimone è passato a Didier Cuche, probabilmente il più grande discesista svizzero, dominatore della scena di Kitzbuhel in questi ultimi anni. Cuche detiene il record di vittorie, ben cinque, avvenute addirittura di fila. Questi, molto probabilmente, in occasione del 2012, ha compiuto una delle migliori discese in assoluto, sia dal punto di vista stilistico sia dal punto di vista delle traiettorie eseguite. Inoltre, non vanno dimenticati anche altri grandi protagonisti, come il francese Luc Alphand ed il norvegese Lasse Kjus, grandi interpreti della Streif, alla fine degli anni novanta e nei primi del duemila.

Per i colori azzurri, ci sono state tre grandi vittorie:  Kristian Ghedina nel 1998, Dominik Paris nel 2013 e Peter Fill nel 2016. Ovviamente, parlando di Ghedina, è doveroso ricordare il salto finale dello Zielshuss, nella discesa del 2004, compiuto in spaccata a 140 Km/h. Un evento entrato nella storia della Streif.

Questo percorso di gara, come tutti i miti di gloria ed iniziazione sportiva, esige capacità, preparazione e fermezza. Quindi, non perdona alcun tipo di errore e punisce chi lo sottovaluta. Ricordando la brutta caduta di Pietro Vitalini nel 1995…

Ma eccoci prossimi all’edizione del 2017. Venerdì 20 gennaio si parte con il superG e poi sabato l’attesa discesa libera. Occhi puntati dunque sulle gare di Kitzbuhel.

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