La pista coreana dove si svolgerà l’Olimpiade invernale 2018 si è finalmente presentata al mondo e pare che si sia fatta apprezzare a metà: una discesa facile, noiosa, corta; un super gigante bello, difficile e divertente. Paradossale, ma decisamente prevedibile.
La “vivacità” delle piste alpine e delle classiche nordamericane è data dalla varietà, dai profili complessi e dal loro modo di snodarsi tra pendii diversi. La pista di Jeongseon è invece una tipica pista artificiale. Una sorta di larga e costante autostrada che ci ricorda molto le piste olimpiche di Sochi e la pista di Bansko, teatro quest’ultima di diversi appuntamenti di coppa del mondo. Su queste piste moderne non è facile inventarsi un’entusiasmante discesa libera: in modo altrettanto artificiale si possono accentuare i salti, oppure si può sperare in un terreno molto duro per aumentare le difficoltà e dare un po’ di carattere alla pista. Sulle piste russe, prima dell’appuntamento olimpico, si sono disputate gare di Coppa Europa e Coppa del Mondo: soprattutto per la discesa femminile, atlete e allenatori erano molto perplessi riguardo a una pista così facile. Ma poi sono bastati un paio di salti accentuati e un fondo ghiacciato per cambiarne la difficoltà e la spettacolarità; in questo modo la pista si è rivelata all’altezza dell’importante evento.
L’esordio della discesa coreana ha proprio messo in evidenza la povertà tecnica di queste piste-autostrade. Di certo gli organizzatori hanno ancora due anni per pensare a qualche modifica artificiale: quando la natura non offre grandi palcoscenici, devono essere i registi a darsi da fare.
Per il super gigante il discorso cambia, il regista diventa il tracciatore e la sua fantasia può valorizzare ogni pista. Ci è riuscito bene Alberto Ghidoni, allenatore degli azzurri, che domenica ha saputo disegnare un super gigante tutt’altro che monotono e banale. Sfruttando al meglio ogni dosso e dando la giusta distanza tra una porta e l’altra, ha creato una gara veloce e tecnica.
Un esempio? Nel 2007 la Coppa del Mondo arrivava per la prima volta a Tarvisio. Qualche settimana prima della gara Alberto Ghidoni, che in quell’anno allenava le velociste italiane, aveva tracciato una discesa di allenamento divertente, veloce e assolutamente entusiasmante, sia da fare che da vedere. Per la gara, l’allora responsabile della Coppa del Mondo femminile Tischhauser aveva deciso, per motivi di sicurezza, di tracciare la discesa più angolata. Raddoppiando il numero delle curve e diminuendo drasticamente la velocità, la pista perdeva completamente il suo valore. Solo la squadra italiana aveva potuto apprezzarne quella tecnicità e quella bellezza che nemmeno nelle edizioni di Coppa del Mondo degli anni seguenti si sono viste su quella pista.
Cosa possiamo dunque aspettarci in futuro dalla pista coreana? Chi saranno i prossimi campioni olimpici delle discipline veloci? Tutto può succedere. Nella discesa sarà il fondo, quindi la temperatura e la condizione meteo a decidere quali saranno le qualità vincenti. In super gigante probabilmente sarà tutto nelle mani del tracciatore. Ghidoni è riuscito a mettere sul podio un italiano, ma ha soprattutto saputo regalarci uno spettacolo più che dignitoso. Janka ha saputo interpretare meglio di tutti le linee sui dossi, ha usato la strategia giusta ed ha vinto grazie alla tattica, all’esperienza e ad una tecnica impeccabile. D’altronde si dice spesso che il super gigante è la specialità più difficile: per vincere servono tutte queste qualità e non è mai facile interpretare nel modo giusto un tracciato veloce senza le prove cronometrate. Questa difficoltà a Jeongseon c’è stata, la gara era spettacolare ed ha vinto il migliore, quindi si può concludere che in Corea si è disputata una bellissima gara.