[the_ad id=”10725″]
Tra sogni realizzati, ricordi emozionanti e un forte senso di attaccamento ai valori della famiglia, Loredana Trigilia, schermitrice originaria di Siracusa e veterana della Nazionale italiana paralimpica, si è raccontata ai microfoni di Sportface. Abbiamo compiuto un salto indietro negli anni con la quarantenne atleta siciliana, che ha preso parte a ben cinque edizioni delle Paralimpiadi: dall’esaltante prima partecipazione di Sydney alla delusione di Atene nel 2004, per finire con la medaglia di bronzo nel fioretto a squadre ottenuta pochi mesi fa a Rio de Janeiro, insieme a Bebe Vio e Andreea Mogos. Una personalità forte, una grande madre e un’idea di sport ben precisa: è questa Loredana Trigilia, che di mollare non vuole proprio saperne e rilancia sperando di poter prendere parte ai suoi sesti Giochi Olimpici, a Tokyo nel 2020.
Un bilancio del 2016: che voto ti daresti da 1 a 10? Ti ritieni soddisfatta?
“Il bilancio del 2016 è più che positivo: mi darei, insieme alle mie amiche, un 10 e lode. Mi ritengo molto soddisfatta perché questi ultimi due anni sono stati davvero molto duri e fortunatamente, alla fine, abbiamo raccolto i frutti”.
Siamo all’alba della nuova stagione: come ti stai preparando, quali saranno le tappe che affronterai e quali gli obiettivi?
“Ricomincerò ad allenarmi dalla prossima settimana. La preparazione è sempre molto rigida: i responsabili ci tengono abbastanza d’occhio, anche se non siamo professionisti (ride, ndr); io mi alleno tre volte alla settimana, provando a conciliare gli impegni con mio figlio e col lavoro. Le prime tappe avranno luogo a febbraio: la prima del 2017 si terrà a Heger, in Ungheria, poi ve ne saranno tante altre di avvicinamento al Mondiale, in programma il prossimo settembre”.
Cosa si prova a conquistare una medaglia olimpica?
“Conquistare una medaglia alle Paralimpiadi, o Olimpiadi che dir si voglia, è il sogno di ogni sportivo: la rincorrevo da quasi vent’anni, che dirti… Il sogno è diventato realtà a Rio!”.
Al di là della medaglia a Rio, tu hai disputato ben cinque olimpiadi: quale ricordi con più piacere e quale con meno? Aneddoti particolari su qualche Olimpiade?
“Cinque olimpiadi, sì: quella di Sydney è l’Olimpiade che ricordo con maggiore entusiasmo; era la mia prima Paralimpiade, naturalmente all’esordio assoluto l’adrenalina era a mille, i sogni erano tanti, le aspettative pure. Poi era tutto davvero molto bello, tutto ingrandito! Prima era Sydney la mia Olimpiade preferita, ora sicuramente Rio per il sogno realizzato (ride, ndr). Quella che purtroppo ricordo con più amarezza è Atene 2004: ho perso la finale per il terzo posto, mancando la medaglia di bronzo nella spada individuale, in quell’occasione sono stata veramente molto male. Potrei raccontare un milione di aneddoti, da sola o con i miei compagni: non basterebbe un libro per raccontare tutto quello che succede in un villaggio olimpico”.
Tokyo 2020: troppo presto per dire qualcosa? Hai intenzione di partecipare?
“Tokyo potrebbe essere la mia sesta Olimpiade. Ci sto pensando, anche se è molto difficile. Quella di Rio l’ho affrontata con molta fatica, sia a livello fisico che a livello familiare: ho dovuto sottrarre molto tempo a mio figlio Tommaso. Mi farebbe tanto piacere partecipare però, io mi sento ancora attiva, consapevole di poter offrire tanto sia a me stessa che alla mia squadra”.
Ho avuto modo di assistere alla tappa di coppa del mondo a Pisa, siete proprio un bel gruppo: da veterana della scherma, cosa pensi dei giovanissimi Bebe Vio ed Emanuele Lambertini?
“I giovani sono il futuro: io sono la veterana del gruppo, da vent’anni faccio parte della squadra, adesso è arrivato il loro momento. Bebe Vio è una persona stupenda, per la sua grinta, la sua voglia. Emanuele la stessa cosa, tanta determinazione e tanta voglia di fare. Entrambi li considero i miei cuccioli. Vorrei spendere due parole anche su Andreea Mogos, con cui insieme a Bebe abbiamo conquistato il bronzo a Rio: la conosco da parecchi anni, so quanti sacrifici ha fatto, l’anno scorso ha speso tantissimo tempo per qualificarsi per le Paralimpiadi e il suo contributo è stato determinante per ottenere la medaglia”.
Qual è il tuo parere su tutto ciò che può alterare lo sport (doping, scommesse etc…)?
“Lo sport è una cosa pura, l’ho sempre detto: cerco di trasmettere questo tutti i giorni a mio figlio. Detesto le cose sporche, il doping lo è ad esempio: non mi appartiene e spero di non avere mai di fronte atleti che ne facciano uso. La cosa che odio di più è comunque la politica: c’è tanta, tanta politica nello sport, e tante ingiustizie”.
Guardando le gare dall’esterno, sembra che lo sport sia solo adrenalina, allenamento e competizione. Cosa significa per te fare sport e quali sono le difficoltà per chi, come te, è nel contempo madre?
“Fatica, tanta fatica, come dici, per noi atleti paralimpici è sicuramente più difficile . Ti dà forza, voglia di vivere, energia: per chi non fa sport è difficile capirlo; salire in pedana e confrontarsi è una sensazione difficile da spiegare a chi non lo pratica. E’ una cosa che ti fa star bene, ti riempie la vita, ti scarica dallo stress giornaliero. Ti dà soddisfazioni, condividi le tue emozioni e le tue delusioni con chi ti sta intorno: per me è una seconda famiglia lo sport“.
Perchè un giovane dovrebbe avvicinarsi alla scherma?
“Voglio invitare soprattutto i ragazzi che hanno problemi ad avvicinarsi allo sport perché, se per qualsiasi motivo, nella vita siamo stati privati di una parte delle nostre abilità , non per quello non siamo più capaci di confrontarci. Io ho sempre detto che la mia disabilità mi ha portato tante soddisfazioni: probabilmente, ad esempio, non avrei mai disputato un’Olimpiade in caso contrario. Mi sono appoggiata allo sport dopo il mio incidente e ti assicuro che mi ha aiutato tantissimo. Mi ha aiutato a non escludermi, a sentirmi tra virgolette “normale”, perché lo siamo, e a dimostrare che nonostante la carrozzina e i problemi fisici, possiamo dare tanto”.
Grazie Loredana, in bocca al lupo per la nuova stagione!
“Crepi il lupo, grazie a voi!”