Torna su Sportface.it la rubrica quindicinale “I consigli del Prof”, in cui il professor Maurizio Di Pietro affronta le tematiche della preparazione atletica, fornendo preziosi suggerimenti per conseguire risultati migliori.
Professor Di Pietro, parliamo dell’età. Come incide l’anagrafe sulla prestazione sportiva?
“Rispetto ai secoli scorsi, si è notevolmente innalzata l’aspettativa di vita delle persone. Se consideriamo una persona che oggi ha circa 40 anni e la paragoniamo ad un coetaneo vissuto ai primi del 900, le condizioni fisico-atletiche di chi vive oggi sono certamente migliori. Anche nel running, le carriere degli atleti tendono ad allungarsi. Ad esempio, nell’ambito della maratona, molti podisti ottengono le loro migliori prestazioni in età più avanzata, dopo i 30 anni ad esempio”.
Questo che cosa significa?
“Significa una cosa molto semplice: la capacità di resistenza cresce con l’avanzare dell’età, per cui si può correre ancora forte anche se non si è più giovanissimi”.
Quali sono i fattori necessari per ottenere questo risultato?
“Certamente l’esperienza e la crescita organica del “motore” sono fondamentali, al pari della forza elastica e della velocità. Si tratta di tutte componenti che si riescono ad amalgamare in maniera ottimale, in genere, tra i 25 ed i 35 anni”.
Questo significa che dopo i 35 anni è difficile raggiungere determinati obiettivi?
“Assolutamente no. Ho visto maratone di livello internazionale vinte da atleti ‘over 40’. Ci sono atleti ‘over 60’ che si allenano e gareggiano regolarmente. E’ chiaro che, dopo una certa età, diventa fondamentale impostare un corretto allenamento che tenga conto anche del dato anagrafico”.
Si sente spesso parlare di “perdita delle fibre veloci” con il passare degli anni.
“Vero. Se la corsa di resistenza si può ancora migliorare anche in età più avanzata, la velocità e l’elasticità muscolare tendono a regredire progressivamente dopo i 28-30 anni. Non a caso, anche in altri sport, come ad esempio il calcio, si tende a dire che un atleta raggiunge la piena maturità sportiva intorno ai 25-27 anni, un intervallo di tempo in cui sia mentalmente che fisicamente si è al top”.
I più grandi velocisti hanno età tra i 25 e 29 anni.
“Corretto, proprio per il motivo di cui sopra. A partire dai 28-30 anni, iniziano a deteriorarsi fisiologicamente le “fibre bianche” presenti nei muscoli. La conseguenza è la perdita di velocità. Si tratta di un fattore da tenere in considerazione nell’ambito della preparazione atletica, ad esempio privilegiando la densità di allenamento di cui abbiamo parlato negli incontri precedenti, rispetto all’esasperazione della velocità”.
Un esempio?
“Ripetute più lente, ma con tempi di recupero ridotti. E non solo. Integrare il programma di allenamento con sedute mirate di potenziamento muscolare, in grado di contrastare il processo di perdita delle fibre muscolari”.
E’ quindi corretto dire che, invecchiando, si diventa più competitivi sulle distanze lunghe?
“Corretto. Con il passare degli anni, per raggiungere risultati importanti, è consigliabile dedicarsi alle lunghe distanze. Pensiamo ad esempio alla carriera di Stefano Baldini. Ha iniziato a competere sui 1500 – 3000 metri, per poi arrivare a vincere la medaglia d’oro nella maratona olimpica di Atene 2004. Lo stesso ha fatto, prima di Baldini, Gelindo Bordin: da specialista dei 5.000 e 10.000 metri è passato alla maratona, trionfando nell’olimpiade di Seoul nel 1988. Per non parlare del percorso sportivo che sta facendo Mo Farah. E di esempi del genere potrei farne a decine. Non mi risulta invece che vi siano stati atleti che, con il passare degli anni, abbiano ridotto la distanza di gara, ottenendo risultati apprezzabili”.