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Iniziamo questa settimana gli incontri bi-mensili con il Prof. Maurizio Di Pietro, per parlare di metodologia di allenamento, alimentazione e psicologia dello sport, temi questi che il Prof. Di Pietro ha trattato con dovizia di particolari nel suo libro “Raggiungi la tua miglior performance nella corsa” (SUSIL Edizioni, www.profmauriziodipietro.it). In questo primo appuntamento ci soffermeremo sull’importanza della definizione di un obiettivo agonistico, sui principi di allenamento costruttivo e di aumento del carico.
Prof. Di Pietro, quale principio l’ha spinta a scrivere un libro sulla metodologia dello sport?
“Nel corso della mia attività di allenatore ho avuto la possibilità di seguire podisti di ogni livello: da veri e propri atleti d’elité come Alberto Cova e Francesco Panetta,agli amatori impegnati comunque ad allenarsi con costanza quasi ogni giorno, fino ai praticanti più occasionali, che approcciano la corsa in modo più soft, anche solo per rimediare ai disagi fisiologici della vita sedentaria. Per tutte queste categorie di atleti, si può applicare lo stesso principio basilare: chiunque, a qualsiasi livello, può migliorare la propria performance”.
In che modo?
“La performance è la diretta conseguenza della metodologia di allenamento impostata, dove per metodologia intendo: modalità di allenamento, frequenza delle sedute, errori da evitare e strategie da seguire per essere al top della condizione nel momento che conta. Ho visto moltissimi atleti ottenere riscontri sportivi migliori a seguito di un corretto ciclo di lavoro, ma ne ho visti altrettanti ripetere sistematicamente gli stessi errori, con l’unico risultato concreto di andare fuori condizione o, ancor peggio, incorrere in infortuni muscolari”.
Prof. Di Pietro faccia un esempio incoraggiante per i nostri lettori.
“Volentieri e lo faccio citando un caso che non riguarda un atleta conosciuto, ma una persona normale. Mi è capitato qualche anno fa di seguire un signore di mezza età che anche per curare i postumi di un infarto, aveva iniziato a rimuovere le cattive abitudini della vita sedentaria e, ovviamente a seguito prescrizione e sotto controllo medico, si era rivolto a me per iniziare a praticare una blanda attività fisica. Ebbene, seguendo un programma bilanciato nei carichi, posso dire che questa persona, all’età di 49 anni e dopo 4 anni di costante lavoro insieme, è riuscita a correre una maratona sotto le 3h30’!”
Qual è la prima cosa da fare quando si inizia un programma di lavoro, a qualsiasi livello?
“La risposta è molto semplice: definire quale obiettivo si intende raggiungere. Solo con un obiettivo chiaro in testa, si può impostare un adeguato ciclo di allenamento. E su questo tema vorrei anche aggiungere una considerazione importante, riguardante soprattutto gli atleti che si allenano in maniera più frequente”.
Prego.
“Quando si definisce un obiettivo, non importa il curriculum sportivo, non importa ciò che si è fatto fino a ieri, importa ciò che si vuol fare da oggi in avanti. Bisogna essere coerenti con le proprie scelte e definire in maniera univoca , ad esempio, la distanza che si vuole preparare. Un conto è allenarsi per una maratona , altro è preparare un 5000 mt, altra cosa ancora è preparare un trail. L’errore che si commette spesso è di fare gare ravvicinate che non sono correlate fra di loro, annacquando la preparazione. Ad esempio, per chi ama gareggiare quasi tutte le domeniche, è difficile impostare un obiettivo di medio e lungo respiro, ma anche per questi atleti è fondamentale programmare la stagione in modo da stabilire quali sono le 2-3 gare fondamentali, che non si possono fallire. Il lavoro dovrà quindi essere finalizzato per rendere al massimo negli appuntamenti clou dell’anno. Tutte le altre competizioni devono essere considerate di contorno”.
Una volta definito l’obiettivo agonistico, quali sono i principi per far crescere la condizione fisica?
“Innanzitutto l’allenamento deve essere “costruttivo”.
Che cosa significa?
“Significa che ciascuna sessione di allenamento deve aiutare l’organismo a crescere, deve costruire il “motore” in funzione dell’obiettivo scelto. Per capire se un allenamento è stato realmente costruttivo, dopo ogni seduta, è sufficiente porsi questa domanda “Se io fossi stato in gara oggi, avrei potuto dare qualcosa in più rispetto a quello che ho dato in allenamento?” Se la risposta è affermativa, significa che abbiamo lavorato bene, cioè che l’allenamento produrrà il beneficio fisico per cui è stato studiato”.
Questo vuol dire che bisogna allenarsi sotto ritmo?
“No, per carità, sto dicendo una cosa diversa: in una singola seduta non bisogna mai dare il 100%, è sufficiente dare l’80%-90% di quello che il nostro organismo può dare. In altre parole, occorre permettere all’organismo di crescere dando un carico sopportabile, che permetta nei giorni successivi di fare altri allenamenti costruttivi”.
Quindi meglio tre allenamenti consecutivi buoni, che uno stratosferico e due pessimi?
“Certamente si. Non è la singola seduta a far crescere l’organismo, ma l’insieme degli allenamenti effettuati durante la settimana. Il segreto per chi corre è di cercare nell’arco della settimana di tenere un livello medio nelle varie tipologie di allenamento, senza mai strafare nella singola seduta. Pertanto, è meglio fare tre allenamenti all‘ 80% che uno al 100% , pagando poi lo sforzo nei due giorni successivi in cui ci si allena eccessivamente sottoritmo perché stanchi.
Nella risposta precedente, ha citato l’insieme degli allenamenti settimanali. Come vanno gestiti in termini di numero di km percorsi?
“Nella fase di costruzione, il carico deve crescere settimanalmente. Se ogni settimana vengono eseguiti gli stessi allenamenti, si otterranno sempre gli stessi risultati. Ogni settimana, nel periodo di costruzione organica, bisogna aumentare il chilometraggio per far crescere la condizione. Voglio fare un altro esempio concreto”.
Dica.
“Dopo la vittoria ai Campionati Europei di Atene del 1982 sui 10.000 mt, Alberto Cova iniziò a preparare i Campionati del Mondo di Helsinky dell’anno successivo. Ebbene, Cova adottò esattamente questo criterio, vale a dire l’aumento del chilometraggio, per far crescere la propria potenza aerobica.Iniziò a correre settimanalmente nel periodo autunnale circa 140/150 km, per poi arrivare, nel periodo invernale, tra gennaio e febbraio, a correre circa 200 km a settimana e, di conseguenza, le velocità dei fondi medi passarono da 3.15/3.20 a 3.05 /3.10 al km”.
Un incremento della velocità non irrilevante.
“Certamente. L’aumento del chilometraggio settimanale permette di avere progressivamente una velocità più alta da adottare sulle prove ripetute e, di conseguenza, una velocità più alta in gara. Il principio seguito per Cova, può essere traslato su chiunque. Cambieranno ovviamente le velocità, in funzione anche alla frequenza di allenamento, ma il criterio è lo stesso”.
Nel prossimo appuntamento con la rubrica “I consigli del Prof”, online lunedì 19 febbraio, parleremo di continuità di allenamento, riposo ed alternanza di fasi di carico e scarico.