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Quando per tre volte giochi davanti al tuo pubblico e, negli altri due match, fai visita a templi del rugby come Twickenham e Murrayfield, non puoi far altro che contare i giorni impaziente, in attesa che il Sei Nazioni 2017 inizi. È quello che sta facendo il commissario tecnico azzurro Conor O’Shea, è quello che stanno facendo i 32 azzurri convocati per le cinque partite che, dal 4 febbraio al 18 marzo, faranno accendere i riflettori sulla più importante competizione continentale della palla ovale.
L’Italia farà il suo debutto a Roma, contro il Galles, domenica 5 febbraio (ore 15.00), disputerà all’Olimpico anche la seconda partita contro l’Irlanda, sabato 11 febbraio (ore 15.25), si sposterà in Inghilterra per la terza giornata, domenica 26 febbraio, tornerà in casa per il match contro la Francia di sabato 11 marzo (ore 14.30) e chiuderà il suo torneo sabato 18 marzo contro la Scozia.
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COME CI ARRIVA L’ITALIA – Chi osserva il rugby da anni, continua a sottolineare quanto l’Italia targata O’Shea sia una nazionale diversa. Diversa, attenzione, non più forte o più debole delle precedenti. Questo cambiamento è avvenuto in primo luogo nei metodi utilizzati dal ct irlandese e, di conseguenza, sulla mentalità del gruppo. La stagione in corso rappresenta un po’ l’anno zero del rugby italiano, quello della rifondazione, dopo i deludenti risultati degli ultimi tre anni sotto la guida del tecnico francese Jacques Brunel.
Alla ricerca della continuità e della tenuta fisica: può essere questo il motto lapidario che O’Shea sta cercando di mettere in pratica. “Fare due o tre cose alla perfezione e per tutti gli 80 minuti” – risponde così, in un italiano più fluido, il commissario tecnico nel giorno della presentazione del Sei Nazioni 2017 – “il nostro obiettivo principale è quello di proporre un bel gioco e di pensare a una partita dopo l’altra. Se facciamo questo, potremmo raggiungere anche la vittoria nel singolo match”.
Basso profilo, ma sicurezza nei mezzi. È questo il vero marchio di fabbrica dell’irlandese, ex estremo di Leinster e London Irish. E la sua Italia lo riflette a immagine e somiglianza. Tournée estiva a parte (O’Shea era entrato in carica da pochi mesi), in cui sono arrivate due facili vittorie contro Stati Uniti e Canada (20-24 e 18-20) e una sconfitta contro i Pumas dell’Argentina (30-24), è nei match autunnali che l’Italia ha iniziato a macinare indicazioni utili sulla strada verso il futuro. Non bene, ma neanche malissimo contro gli All Blacks (alla fine, il punteggio sarà di 10-68, con la meta di Gori all’attivo e con qualche buona indicazione dal pacchetto di mischia); storica e compatta contro gli Springboks a Firenze, quando è arrivata la prima vittoria azzurra contro il Sud Africa (20-18); da rivedere nella gestione dei minuti finali nel match contro Tonga a Padova, quando agli azzurri è sfuggita di mano la partita (17-19).
Alla fine, il ruolino di marcia di O’Shea dice tre su sei. La vittoria più prestigiosa, ovviamente, contro il Sud Africa (anche se gli Springboks, nello scorso 2016, le hanno prese un po’ da tutti), la sconfitta che fa più rabbia proprio contro Tonga: “Contro di loro abbiamo giocato meglio nel primo tempo e ho capito che, nel resto del match c’è stato qualcosa che non ha funzionato. In ogni caso, io cerco di valutare sempre la prestazione, a prescindere dal risultato finale”.
Il ct punta, dunque, a ritrovare quell’identità perduta, quella capacità di essere coriacei in mischia e quella precisione tecnica sui calci. In più, dovrà sistemare qualcosa in costruzione di gioco, puntando ad aumentare la velocità nel gioco alla mano: “Sarebbe stupido dire che vinceremo il Sei Nazioni. Quello che è importante è giocare bene e pensare che in questo momento stiamo attraversando un momento cruciale del rugby in Italia. È una grande responsabilità che mi sono preso”.
O’SHEA: “Due o tre cose fatte alla perfezione e arriveranno buoni risultati”
I 32 AZZURRI CONVOCATI – Le conferme prima di tutto. Qualche rientro eccellente. La scommessa del debuttante Federico Ruzza. Sono questi gli ingredienti dei 32 convocati per il Sei Nazioni 2017. Rispetto alla tournée autunnale, O’Shea si è trovato a far fronte all’emergenza pilone, a causa dell’infortunio subito da uno dei suoi fedelissimi, Simone Ferrari. Al suo posto, è stato chiamato Dario Chistolini (Zebre Rugby), che ha già collezionato 15 caps in maglia azzurra e che mancava in gruppo dalla disfatta contro il Galles del Sei Nazioni 2016.
Rientro in gruppo anche per Dario Barbini (la cui ultima volta risale al Sei Nazioni 2015), Joshua Furno (che, in questa stagione, ha trovato una maggiore continuità dopo il suo trasferimento alle Zebre) e Marcello Violi (anche lui, in azzurro dopo il Sei Nazioni 2015). Avevano saltato la tournée autunnale, ma erano già stati convocati da O’Shea il centro Michele Campagnaro (grande esperienza per lui in nazionale, con 25 caps e 4 mete all’attivo) e il tallonatore Tommaso D’Apice. Per loro, il Sei Nazioni sarà l’occasione per convincere O’Shea che può decisamente puntare su di loro.
Infine, le conferme. Sergio Parisse, il giocatore in attività ad avere più presenze in maglia azzurra (121) avrà il compito di capitanare la squadra e di affrontare, insieme ai compagni, gli eventuali momenti di difficoltà che si presenteranno. Parisse sembra essere molto coinvolto nel progetto O’Shea e sembra avere un buon feeling con il ct: non era scontato per il numero 8 azzurro continuare con questo spirito dopo le critiche e le incomprensioni della gestione Brunel.
PARISSE: “Vogliamo il supporto del pubblico azzurro e degli italiani all’estero”
Altri punti fermi sono rappresentati dal coriaceo Simone Favaro (che, però, non si è ancora aggregato al gruppo, reduce da un infortunio in campionato con i Glasgow Warriors), Carlo Canna (di cui si attende la definitiva consacrazione), il tallonatore Leonardo Ghiraldini e l’ala Luke McLean (i due, rispettivamente con 82 e 84 presenze in nazionale, sono tra i giocatori più esperti a disposizione di O’Shea).
Ancora una volta, comunque, nella lista dei 32, sono state le franchigie a fare la voce grossa. Il solo Sami Panico proviene dall’Eccellenza (gioca come pilone sinistro nella Patarò Calvisano), mentre 15 sono i giocatori delle Zebre, contro gli 11 della Benetton Treviso. A questi si aggiungono i “francesi” Parisse (Stade Francais), Lorenzo Cittadini (Aviron Bayonnais) e Leonardo Ghiraldini (Stade Toulousain), lo “scozzese” Simone Favaro (Glasgow Warriors) e l'”inglese” Campagnaro (Exeter Chiefs).
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GLI AVVERSARI – Sarà uno dei Sei Nazioni di maggior livello degli ultimi anni. Basta dare uno sguardo ai risultati delle tournée autunnali di Inghilterra, Francia, Scozia, Galles e Irlanda per accorgersene. Ben quattro squadre (compresa l’Italia), infatti, sono riuscite a battere una delle top-3 squadre al mondo (Nuova Zelanda, Australia e Sud Africa).
Da segnalare, in modo particolare, l’insolito ruolo di ammazza-grandi che si è ritagliata l’Irlanda in versione 2016. I Greens di Joe Schmidt sono stati in grado di battere, in una sfida storica per la storia del rugby dell’isola, gli All Blacks il 5 novembre con il punteggio di 40-29. E non importa se la rivincita è stata conquistata dalla Nuova Zelanda (9-21 nel replay di quindici giorni dopo): l’Irlanda è stata in grado di piegare anche l‘Australia (27-24), in un novembre decisamente da ricordare.
Anche il Galles, così come l’Italia, è riuscito a battere il Sud Africa (27-13) e si è reso protagonista di ottime sfide contro Giappone e Argentina, tutte portate a casa agevolmente. Dovrà tuttavia fare a meno del suo astro nascente, l’ala Keelan Giles, fermo ai box per un infortunio. Ma è l’Inghilterra che fa davvero paura. Dopo lo slam nel Sei Nazioni 2016 (cinque vittorie su cinque), ha prolungato la sua striscia di imbattibilità nei test match di primavera e autunno, mettendo a referto ben tre vittorie consecutive contro l’Australia. I XV della Rosa hanno, poi, regolato agevolmente anche il Sud Africa, l’Argentina e le Fiji, candidandosi seriamente alla vittoria finale del Sei Nazioni 2017 e al secondo slam consecutivo.
Francia e Scozia, pur non riuscendo nell’impresa di battere una tra Nuova Zelanda, Sud Africa e Australia, ci sono andate molto vicine. I transalpini hanno perso 19-24 contro la Nuova Zelanda e 23-25 contro l’Australia, dimostrando di essere la formazione ostica di sempre. Anche la Scozia ha offerto una buona prestazioni contro l’Australia (sconfitta di misura per 22-23), vincendo tutti gli altri test match al quale si è sottoposta nell’arco del 2016.
Segnatevi questi nomi: Kyle Sinckler, pilone destro dell’Inghilterra, Baptiste Serin, mediano di mischia francese, Tadgh Furlong, pilone dell’Irlanda, Huw Jones, centro scozzese. Sono loro gli astri nascenti che cercheranno di aggiungere tasso tecnico all’edizione 2017 del Sei Nazioni.
IL DEBUTTANTE – Federico Ruzza è alto quasi due metri, ma non riesce a mascherare l’emozione della prima volta. Lui, seconda linea delle Zebre classe 1994, è la grande scommessa di O’Shea per questo Sei Nazioni.
“Già essere qui – ha detto ai nostri microfoni – è una sensazione incredibile. Il commissario tecnico ha dettato un modo nuovo di lavorare alla squadra e io spero di farmi trovare pronto e offrire il mio contributo. Ho tanto da imparare da questa esperienza”.
Il suo sogno è quello di mettere a referto il primo cap con la maglia azzurra. “Sarebbe bellissimo debuttare in casa – ha continuato -, ma andiamo a giocare anche in stadi storici. Il mio preferito è Twickenham e chissà che il mio debutto non avvenga proprio lì”.
UN PO’ DI NUMERI – L’Italia non vince una partita del Sei Nazioni dal 2015. L’ultimo successo azzurro risale al 28 febbraio 2015, con un’affermazione fuori casa al Murrayfield contro la Scozia (19-22).
In 17 anni di partecipazione (quella del 2017 sarà la diciottesima volta per la nazionale azzurra), l’Italia ha vinto 12 match, ne ha pareggiato uno e ne ha persi 72. Il miglior risultato è il terzo posto ex-aequo con la Scozia nel 2013. Per 11 volte all’Italia è stato assegnato il cucchiaio di legno (con l’ultimo posto in classifica) e per 6 volte si è beccata il Whitewash (che viene assegnato a chi non ha vinto nemmeno una partita del Sei Nazioni).
La nazionale più vincente è l’Inghilterra, con 27 affermazioni, di cui 13 con il Grande Slam; segue il Galles con 26 successi, la Francia (17), la Scozia (14) e l’Irlanda (13).