Amarcord

Seul 1988: l’ombra del doping nei Giochi della XXIV Olimpiade

Seul 1988

Juan Antonio Samaranch, presidente del Cio, è riuscito nella grande impresa di riunire il mondo sportivo e permettere a tutte le nazioni di partecipare a questi Giochi, i più grandi fin a qual momento disputati sia come partecipanti che come copertura televisiva e multimediale. Parteciparono ben 159 stati con oltre 8000 atleti, polverizzando tutti i record precedenti. Mancarono solo Corea del Nord (ancora formalmente in guerra con la Corea del Sud), Cuba e Etiopia, ma finalmente non si parlò più di politica, ma solo di sport.

Seul 1988 significa anche l’addio al dilettantismo olimpico con il ritorno del tennis, dopo 64 anni di assenza e l’avvento del baseball anche se solo come disciplina dimostrativa. Per la prima volta tutti i professionisti poterono gareggiare ai Giochi, con le uniche eccezioni per i giocatori della NBA di basket, i calciatori sopra i 23 anni e i pugili professionisti.

I coreani hanno fatto un investimento colossale per preparare i campi di gara, con tutti gli impianti costruiti ex novo e anche tutte le vie di accesso alla città rimodernate a ampliate. Il tentativo, sicuramente riuscito, era quello di mostrare al mondo, una nazione efficiente, in grande e rapido sviluppo, aperta a tutte le innovazioni, senza dimenticare la tradizione. Desiderio di modernità e capacità creative sono riuscite a fondersi al di là di ogni aspettativa.

I Giochi sono iniziati il 17 settembre con una sontuosa cerimonia di apertura conclusa dall’ultimo tedoforo Sohn Kee-Chung, settantaseienne, che, nel lontano 1936, aveva vinto la maratona a Berlino, presentandosi con un falso nome giapponese, secondo le regole imposte dai tedeschi. Sohn è stato il simbolo di un desiderio di voltare pagina per lo sport, basta politica e divisioni, solo atleti, gare e Giochi universali.

La gara più attesa dei Giochi è stata senza dubbio la finale dei 100 m. dove si trovarono di fronte il “figlio del vento” Carl Lewis, campione uscente e l’astro nascente della velocità, il canadese Ben Johnson, che aveva appena realizzato il nuovo record mondiale dei 100 portandolo a 9.83 e dando più volte la sensazione di essere in grado di ritoccarlo nuovamente. Oltre agli ottantamila presenti allo stadio olimpico, riempito in ogni posto, erano presenti circa duecento reti televisive per seguire in diretta quella che doveva essere la gara più veloce di tutti i tempi. Nei turni eliminatori Carl Lewis aveva dimostrato di essere in gran forma, mentre Ben Johnson aveva deciso di mascherare la propria forma andando vistosamente piano per i suoi tempi soliti. Una leggerezza che ha rischiato di costare carissima al canadese quando, nei quarti di finale, a dieci metri dal traguardo rallentò improvvisamente, e venne superato sulla linea del traguardo da altri due atleti. Per sua fortuna, il tempo di 10.17” del terzo posto gli bastò per il ripescaggio. In semifinale sia Lewis che Johnson vinsero le proprie batterie.

La finale non ebbe storia al contrario di tutte le aspettative. Johnson balzò nettamente davanti a tutti già al momento di uscire dal blocchi di partenza e a metà gara lasciò tutti gli altri a un metro di distanza. Lewis ebbe una partenza difficile che lo vide a metà gara fuori dal podio. L’arrivo di Ben Johnson a braccia alzate segnò il nuovo straordinario record del mondo, 9.79”, tre centesimi meglio del precedente record. Carl Lewis, con un recupero strepitoso arrivò secondo a 9.92”, sua miglior prestazione di sempre.

Due giorni dopo però arrivò la vera notizia bomba della Olimpiade, quella che lascerà per sempre un segno indelebile nella storia dei Giochi Olimpici. Ben Johnson è risultato positivo al test antidoping ed è stato squalificato, oltre ad aver subito la revoca dell’oro olimpico e del primato del mondo. Johnson risultò positivo allo stanozololo, un potente steroide anabolizzante che gli ha permesso di creare un fisico possente. Da quando, nel 1968 a Città del Messico, erano iniziati i controlli antidoping, Johnson è stato il 43esimo risultato positivo nella storia dei Giochi, ma mai come in questo caso un grande campione era stato beccato a ingannare. Lo scandalo e lo stupore fu enorme e l’eco di quanto successo a Seul attraversò rapidamente tutti i continenti, con commenti anche da parte di persone che nulla avevano a che fare con lo sport.

L’oro dei 100 metri passò quindi a Carl Lewis, capace di bissare la vittoria di quattro anni prima a Los Angeles, ma non di ripetere il poker di successi, arrivando solo secondo nei 200 metri battuto dal connazionale Joe DeLoach, destinato a scomparire dalle scene immediatamente dopo il successo olimpico e con la staffetta americana della 4X100 incredibilmente squalificata per un errore al cambio di settore. Carl Lewis si riconfermò invece medaglia d’oro nel salto in lungo.

Tutte le gare di atletica furono comunque spettacolari a partire dalla velocità femminile con Florence Griffith Joyner che polverizzò i record mondiali sia dei 100 che dei 200 metri, con tempi assolutamente fuori dalla portata di tutte le altre donne che parteciparono alla competizione. Sulla Griffith si alzò un grande alone di mistero e la parola doping fu spesso associata al suo nome pur risultando negativa ai controlli dopo la gara. Il mistero si infittì, quando subito dopo la fine dei Giochi, decise di ritirarsi dalla competizioni sportive e dieci anni dopo morirà improvvisamente per cause mai chiarite.

Al di là delle vicende legate al doping reale o presunto, fu altissimo il livello tecnico. Nei 400 piani il diciannovenne Steve Lewis superò il grande favorito Henry Butch Reynolds, diventando il più giovane vincitore di medaglia olimpica dal 1908. Il keniota Paul Ereng dominò gli 800 metri, superando il favorito marocchino Said Aouita. Il Kenya vinse anche i 1500 metri con Peter Rono, i 5000 con John Ngugi e i 3000 siepi con Kariuki, mentre i 10000 andarono al marocchino Butayeb con una fantastica medaglia d’argento per il nostro Salvatore Antibo, capace di superare nel finale il keniota Kimeli.

Gli americani dominarono le corse a ostacoli con le vittorie di Roger Kingdom nei 110 e di Andre Philips nei 400, gara chiusa con il terzo posto del mito assoluto Edwin Moses alla sua ultima Olimpiade. Un altro mito dello sport l’astista Sergey Bubka ha vinto l’oro saltando 5.90 metri. Nel femminile, oltre alla già citata Florence Griffith, va segnalata la grande impresa di Jackie Joyner Kersee che vinse l’oro nel salto in lungo con la straordinaria misura di 7.40 metri e poi conquistò il secondo oro nell’eptathlon.

La gara conclusiva dei Giochi, come sempre, è stata la maratona, che ci ha visto tornare nel gradino più alto del podio, esattamente ottanta anni dopo la vicenda londinese di Dorando Pietri, che vi abbiamo già raccontato. Il grande protagonista della maratona di Seul è stato Gelindo Bordin, campione europeo del 1986 a Stoccarda. Bordin era tra i favoriti, ma le condizioni atmosferiche molto difficili con caldo e umidità, trasformarono la maratona in una gara a eliminazione con svenimenti di atleti e momenti drammatici durante la corsa.

Dopo una serie di ritiri anche tra i favoriti, al 35esimo chilometro, restarono davanti in tre: il keniota Wakiihuri, il gibutiano Salah e Bordin. Salah lanciò il primo attacco, seguito da Wakiihuri con Bordin leggermente staccato. Sembrava ormai che Gelindo dovesse solo cercare di difendere la medaglia di bronzo, quando proprio all’ultimo chilometro i due battistrada iniziarono a cedere e Bordin, al suo passo, riuscì a prenderli proprio al momento di entrare nello stadio olimpico. Ci fu un finale entusiasmante con tre atleti praticamente attaccati dopo oltre 42 Km di gara e allo sprint fu proprio Gelindo Bordin a vincere l’ultima gara della XXIV Olimpiade. L’uomo della pianura, come disse il telecronista RAI, Paolo Rosi, aveva battuto gli uomini degli altipiani.

La vittoria di Bordin salvò parzialmente il risultato della spedizione azzurra ai Giochi, forse al di sotto delle attese, anche se era impensabile ripetere i risultati delle due edizioni precedenti con i partecipanti dimezzati per il boicottaggio. Alla fine l’Italia concluse l’Olimpiade di Seul al decimo posto del medagliere complessivo con 14 medaglie, 6 ori, 4 argenti e 4 bronzi.

Oltre a Gelindo Bordin, vinsero l’oro i fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale nel due con del canottaggio assieme al timoniere Di Capua e anche il terzo fratello Agostino, portò a casa il successo nel 4 di coppia, assieme a Poli, Tizzano e Farina.

Il quarto oro azzurro è del pugile Giuseppe Parisi, nei pesi piuma, in una competizione piena di verdetti scandalosi a favore dei pugili di casa, di cui ne ha fatto le spese anche il nostro Vincenzo Nardiello, giudicato sconfitto in un match dei quarti di finale dei medioleggeri, dominato contro un coreano, poi favorito nettamente dai giudici anche nella finale per l’oro.

Nella scherma, da sempre grande serbatoio di successi per i nostri colori, è arrivato solo l’oro di Stefano Cerioni, con l’argento conquistato dal fioretto femminile e i bronzi della squadra di sciabola maschile e di Giovanni Scalzo nella stessa specialità.

L’ultimo oro della spedizione azzurra è del piccolo grande Vincenzo Maenza, nella lotta greco romana, 48 Kg. Completano il medagliere italiano, oltre al già citato argento di Antibo e delle fiorettiste, gli argenti del pentatleta Carlo Massullo, sia nella gara individuale che in quella a squadre assieme a Masala e Tiberti e i bronzi di Maurizio Damilano nella 20 km. di marcia e di Stefano Battistelli nei 400 misti di nuoto, diventando così il primo medagliato italiano nel nuoto della storia olimpica. Andarono invece malissimo il ciclismo e il calcio, umiliato con una sconfitta per 4-0 dai dilettanti dello Zambia nel girone eliminatorio.

Tra le altre storie da raccontare di questa edizioni dei Giochi, sicuramente quella della tedesca dell’Est Christa Luding Rothenburger, vincitrice della medaglia di argento nella prova sprint dei 1000 m di ciclismo, ma capace di tornare a medaglia dopo aver vinto l’oro pochi mesi prima a Calgary nelle Olimpiadi invernali nel pattinaggio su ghiaccio. La Luding divenne la prima atleta in assoluto a vincere medaglie nello stesso anno sia ai Giochi invernali che in quelli estivi. Un record che non potrà mai più essere uguagliato considerando che adesso i Giochi sono sfasati di due anni.

Nei tuffi, il grande specialista americano Greg Louganis fu il primo uomo a vincere due medaglie d’oro consecutive (1984 e 1988) in entrambe le gare, trampolino e piattaforma, nonostante che nelle eliminatorie sbattè violentemente la testa contro il trampolino causandosi una grande ferita che insanguinò l’acqua della piscina. Nel tennis Steffi Graf vinse in finale con Gabriela Sabatini, completando un anno straordinario che la porterà anche alla conquista del Grande Slam. Nel maschile invece vinse a sorpresa Miloslav Mecir.

Nel nuoto grandi protagonisti furono Matt Biondi, capace di aggiudicarsi cinque medaglie d’oro (50 e 100 stile libero, 4X100 e 4X200 stile libero, 4X100 misti), una d’argento (100 farfalla) e una di bronzo (200 stile libero) e Kristin Otto, della Germania Est, vincitrice di 6 ori (50 e 100 stile libero, 100 dorso, 100 farfalla, 4X100 e 4X200 stile libero). Sempre nel nuoto ricordiamo la prima vittoria di un atleta di colore, Anthony Nesty, nato a Trinidad, nel Suriname, che però viveva e si allenava negli Stati Uniti, in Florida.

Il medagliere alla vinse vide la supremazia dell’Unione Sovietica che portò a casa 132 medaglie, di cui 55 d’oro. Al secondo posto la Germania Est con 102 medaglie (37 ori) e terzi gli Stati Uniti con 36 ori e 94 medaglie complessive. I padroni di casa della Corea del Sud vinsero 12 ori, arrivando quarti nel medagliere, ma molti successi nel pugilato, nella lotta e nel judo furono contestati con l’accusa nei confronti dei giudici di aver favorito i padroni di casa.

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