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Un torneo olimpico partito in sordina a causa delle tantissime defezioni, si è concluso ieri dopo 4 ore di finale spettacolo e col pubblico in visibilio: Andy Murray la spunta col punteggio di 7-5 4-6 6-2 7-5 , diventando il primo tennista a conquistare 2 ori olimpici consecutivi in singolare. Juan Martin Del Potro deve accontentarsi dell’argento, ma per lui e per noi è più importante sapere che un incredibile campione, esempio di dedizione e generosità, è tornato sui livelli che gli competono.
L’argentino, tornato all’attività solo nel mese di febbraio ed attualmente #141 Atp, era già riuscito a battere dei big, Thiem a Madrid e Wawrinka a Wimbledon, ma in entrambi i casi si era arreso al turno successivo contro avversari meno blasonati, dimostrando di non aver riacquistato ancora la continuità necessaria: a Rio invece è stata una marcia trionfale fino alla finale, prima il colpaccio con doppio tie-break sul #1 Novak Djokovic, non certo venuto fin qui a fare passerella, poi vittorie più tranquille con Joao Sousa, Daniel e Bautista-Agut, fino all’epica semifinale vinta per 7-6 al terzo contro un Rafa Nadal, fresco vincitore della medaglia d’oro nel doppio e anch’esso grandissimo protagonista di questa Olimpiade.
Meno complesso il cammino di Murray, che ha messo in fila Troicki, Monaco, Fognini, Johnson e il giapponese Key Nishikori, poi medaglia di bronzo dopo la rocambolesca “finalina” vinta per 6-2 6-7 6-3 proprio contro un Nadal infastidito per la lunga sosta del nipponico negli spogliatoi a fine secondo set: Fabio Fognini è stato l’unico che ha davvero avuto una chance per battere Murray, ma le sue speranze si sono arenate sulla palla che lo avrebbe mandato avanti 4-1 nel set decisivo e che è invece stata erroneamente chiamata out. Proprio il generosissimo tennista taggiasco è stato il migliore degli italiani, spintosi fino agli ottavi grazie a due belle rimonte su Estrella-Burgos e Paire, mentre gli altri nostri portacolori hanno condotto un cammino senza infamia e senza lode: fuori subito Thomas Fabbiano contro il tennista di casa Dutra Silva, superano a fatica il primo turno Andreas Seppi contro Marchenko e Paolo Lorenzi contro Lu, prima di arrendersi nettamente a Nadal e Bautista.
Ma torniamo alla finalissima, preparata da Murray in maniera strategicamente perfetta: ricerca continua del rovescio di Del Potro, utilizzo sistematico della palla corta e chiusure a rete appena possibile. Alla “torre di Tandil”, per aggiudicarsi la medaglia più preziosa, è mancata soltanto la condizione fisica (dal rientro d’altronde non aveva ancora giocato un match di 3 ore, e per vincere questo ce ne sarebbero volute almeno 5) ed il rovescio dei vecchi tempi: non che il nuovo back non sia colpo elegante e sempre più efficace, ma Murray ha saputo sempre farsi largo sul lato sinistro di Delpo quando il punteggio lo richiedeva. Grande equilibrio nei primi due set, Murray sembra fare il vuoto nel terzo, ma il cuore di Del Potro nel quarto rischia di rimandare la conclusione al set decisivo: nulla da fare, il sogno argentino si ferma due volte a due punti dal quinto, con Murray perfetto nei momenti cruciali.
Ma non ce ne voglia il buon Andy, ormai a un unghia dal livello di Djokovic, ed il suo doppio oro, ma ciò che più resta di questa settimana di folle tennis olimpico sono le lacrime di Del Potro e gli abbracci riservatigli partita dopo partita da tutti i suoi avversari: abbracci forti e sinceri, come a dire “bentornato fratello, ti aspettavamo da un pezzo”.