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Andy Murray ha sconfitto Juan Martin Del Potro col punteggio di 7-5 4-6 6-2 7-5 nella finale olimpica di Rio 2016, conquistando così la medaglia più preziosa. Murray, che difendeva il titolo conquistato quattro anni nelle olimpiadi disputate tra le mura amiche di Londra, è il primo tennista a riuscire nell’impresa di vincere due ori in singolare “back to back”. Anche Steffi Graf, signora del golden gran slam, dopo l’oro di Seul nel 1988 dovette arrendersi a Jennifer Capriati a Barcellona ’92. Il match è stato veramente bellissimo, non ineccepibile dal punto di vista tecnico ma straordinario a livello di trasporto emotivo. Un vero e proprio manifesto del tennis per gli spettatori di tutto il mondo e anche per quei tennisti che, pur avendo l’opportunità di rappresentare le proprie nazioni a Rio, hanno preferito fare altro e snobbare l’appuntamento olimpico.
Nel primo set dell’incontro, i due tennisti sembrano giocare a “ciapa no”, con il campione olimpico in carica che cerca per ben due volte di scappar via e che puntualmente si fa riprendere dall’argentino. Il tie break pareva l’epilogo scontato quando Murray, invece, riesce con un colpo di coda di grande cinismo a effettuare il break decisivo e a chiudere un set fiume sul 7-5. Il secondo parziale si apre con un break per Del Potro, consolidato neutralizzando ben tre palle break nel game successivo. Murray non avrà più chance nel set, che si chiude 6-4 per il gigante di Tandil. Il terzo set inizia in maniera equilibrata ma prende ben presto la deriva scozzese a causa di un vistoso calo di rendimento di Del Potro, reduce dalla battaglia con Nadal in semifinale. Murray inanella così 4 game consecutivi dal 2-2 e si porta avanti 2 set a 1. A questo punto per il britannico sembra un match in totale discesa, contro un avversario davvero provato dalla fatica. Invece inizia una girandola di emozioni fatta di repentini break e contro break, scambi estenuanti, vincenti ed errori gratuiti di ogni tipo e con un Del Potro che ha la possibilità di servire per portare la partita al quinto set ma non la concretizza, perdendo un game molto lottato così come i successivi due che assicurano Murray alla storia del tennis e dei giochi olimpici. Per Del Potro una medaglia d’argento e, si spera, un futuro nuovamente roseo e lontano dalla sfortuna che lo ha spesso attanagliato.
Nella finalina per il terzo posto, si è imposto il giapponese Kei Nishikori con il punteggio di 6-2 6-7 (1) 6-3 su uno stanco Rafael Nadal, portando così a casa una medaglia di bronzo per il paese del sol levante. Nel primo set, lo spagnolo ha cercato inizialmente di contenere l’esuberanza del suo avversario, apparso subito in migliori condizioni dal punto di vista sia fisico che mentale, salvo poi essere costretto a cedere nettamente il parziale col punteggio di 6-2. Il copione è proseguito anche nella seconda frazione, dove Nishikori è arrivato a servire per il match sul 5-2. A quel punto è subentrata probabilmente la paura di vincere, il pensiero di essere ad un passo dal conquistare un alloro per la propria nazione o forse la sudditanza psicologica nei confronti dello spagnolo, fatto sta che il castello del giapponese ha iniziato a vacillare clamorosamente: nonostante la possibilità di servire due volte consecutive per il match, il set ha preso inaspettatamente la strada di Manacor dopo un tie break a senso unico. Nishikori ha approfittato poi di un “toilet break” per staccare la spina e meditare sull’accaduto. Oggettivamente anche troppo, con Nadal costretto a chiedere spiegazioni al giudice di sedia prima, e al supervisor poi. Dopo la lunga pausa arbitraria, Nishikori ha ripreso il bandolo della matassa e lo spagnolo si è dovuto rassegnare alla sconfitta.